LE MANI DI GIOVANNI BELLINI

 

Nel periodo che precede e segue la Pasqua (fino all’11 maggio), il Museo Diocesano di Milano propone un capolavoro, con a tema un episodio della Passione e Morte di Cristo. Il Compianto di Giovanni Bellini, conservato nei Musei Vaticani, ci parla in realtà del momento dell’unzione con olii e profumi del corpo di Cristo, avvenuto prima della sepoltura.

bellini1G. Bellini, Compianto, 1475 ca., cimasa, olio su tavola, 107x84 cm., Musei Vaticani

 

La Maddalena sembra stia accarezzando le mani di Gesù, mentre le cosparge dell’unguento profumato, probabilmente inginocchiata davanti a Lui. Le sue mani, quella di Nicodemo che regge l’ampolla, quella di Giuseppe d’Arimatea appoggiata sul fianco di Gesù avvolto già dal sudario, sono al centro dell’azione, della cura del corpo prima di stenderlo nel sepolcro.

Anche nel video di Emma Ciceri, uno dei quattro artisti chiamati a confrontarsi con il capolavoro belliniano da Giuseppe Frangi, in collaborazione con Casa Testori, le mani della figlia Ester, appoggiate alle sue sono al centro di un intenso dialogo di gesti, contatti delicati o tesi, prese ed abbandoni. E’ la quotidiana relazione con la figlia disabile che raccontano le mani adulte, che ospitano e guidano, e quelle piccole e desiderose di un continuo contatto.

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E. Ciceri, Studio di mani, 2023, video colore, loop, fotografia e riprese di A. Valtellina

 

Anche l’insolita posizione delle figure, viste dal basso, che le fa incombere in primo piano, mentre si stagliano contro un cielo denso di nuvole bianche, è un dato che colpisce. Il cielo della cimasa sembra continuare in quello della tavola sottostante, la Pala Pesaro, e la luce, che tocca e modella i personaggi, sembra avere la stessa provenienza.

C’è una profonda unità, tematica e formale, che lega le parti della Pala, arricchita da una cornice figurata: anche l’Incoronazione della Vergine e quattro santi è una scena che si svolge in uno spazio aperto, visibile sia dalla “finestra” che si apre sullo schienale, che dal cielo popolato da teste di piccoli angeli nella parte alta della tavola, destinata originariamente all’altare maggiore della chiesa di San Francesco a Pesaro

bellini3Bellini, Pala Pesaro, 1475 ca., olio su tav.,262x240 cm., Musei civici, Pesaro

 

La libera circolazione della luce e le zone d’ombra che da essa non sono raggiunte danno corpo e vitalità alla rappresentazione, e sottolineano il valore di ogni gesto, quelli degli amici di Cristo come quello di quest’ultimo che incorona la testa della madre e con il quale la chiama a condividere la sua gloria, sedendole accanto su un ampio trono, appoggiato, però, su un solido pavimento prospettico, che sfonda verso un paesaggio montano ed una rocca, forse la Fortezza Costanza progettata da Francesco Laurana o la Rocca di Gradara.

Dimensione terrena e realtà celeste s’incontrano, si rafforzano a vicenda, come nella singolare opera di Andrea Mastrovito che prende spunto dalla foto scattata dal freelance Andrés Luis Alves nel momento in cui venne prelevato, dalla Cattedrale armena di Leopoli, il Crocifisso per metterlo al sicuro dalla guerra tra Russia ed Ucraina al suo inizio. Il frottage con cui è stata realizzata l’opera di Mastrovito ha coinvolto decine di copertine di libri celebri che emergono dai segni a matita: qui corpi e spazio recano impressi frammenti della memoria collettiva e conferiscono all’immagine una sorta di universalità

bellini4A. Mastrovito, War Christ, 2023, matita su carte, frottage e collage

 

Benchè di grande interesse siano anche le opere di LETIA Letizia Cariello, Per te Myriam di Migdel, un’installazione dedicata alla figura della Maddalena, e la grande tela del 2015 di Francesco De Grandi, una sorta di corteo funebre moderno ed allucinato, decisamente più pertinenti allo spirito belliniano mi sembrano le due opere commentate, in particolare per il tema del contatto fisico su cui Bellini ha sempre lavorato fin dalle esperienze giovanili: si pensi alla straordinaria Pietà di Brera degli anni ’60 del Quattrocento.

 

Un convincente invito a visitare il Museo Diocesano e ad approfondire, così, la conoscenza di Giovanni Bellini, possono essere le parole di Roberto Longhi che restituiscono un ritratto poetico del grande pittore veneto: «Uomo di meditazioni instancabili, mai pago di evocare l’antico, d’intendere il nuovo e di provarli, egli fu tutto quel che si dice: prima bizantino e gotico, poi mantegnesco e padovano, poi sulle tracce di Piero e di Antonello, in ultimo fin giorgionesco; eppure sempre lui, caldo sangue, alito accorato, accordo pieno e profondo tra l’uomo, le orme dell’uomo fattosi storia, e il manto della natura».

 

 

 

A cura di:

GIUSEPPINA BOLZONI, laureata nel 1985 presso l’Università del Sacro Cuore di Milano, dal 1986 insegna Storia dell’Arte al liceo artistico della Fondazione Sacro Cuore di Milano, ove ha contribuito all’elaborazione del progetto sperimentale su base quinquennale.

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