MATERIALI PER L'INSEGNAMENTO - ARTE
MAURIZIO CATTELAN. Breath ghosts blind
MAURIZIO CATTELAN. BREATH GHOSTS BLIND
Fino al 20 Febbraio ‘22 possiamo assecondare la curiosità e l’aspettativa, che sempre accompagnano le opere di Cattelan, andando al Pirelli Hangar Bicocca per lasciarci coinvolgere, fin dal primo piede che mettiamo nell’”opera”, nel percorso creato dall’artista.
La proposta può, anzi credo che debba, essere rivolta anche agli studenti, ma in questa occasione, più che per altre opere di Cattelan, la fruizione è meglio che sia solitaria, silenziosa, senza limiti di tempo. Se è, senza dubbio, importante “orientare” i ragazzi nel mondo dell’arte contemporanea con note sull’artista e sul mondo in cui si muove, è altrettanto fondamentale lasciare aperto lo spazio tra sé e l’opera, per lasciarla veramente agire in chi guarda o in chi, come nel caso delle tre installazioni dell’Hangar Bicocca, si muove nell’opera, la fa letteralmente vivere.
In un’intervista su Repubblica dell’aprile 2011, in cui annunciava il ritiro dalla produzione artistica, Cattelan dava una sua sintetica definizione di arte: “… qualsiasi cosa scateni un cambiamento, una mutazione di sguardo, è arte". Di più: il dibattito che genere un’opera è parte integrante dell’opera stessa. Nell’agile ed utile guida alla mostra che l’Hangar offre a tutti i visitatori, possiamo trovare conferma di questo: «Oggi l’arte significa per me fare vedere le cose da un punto di vista leggermente diverso, da un’altra angolazione. Non sempre quello che fai è interessante o pertinente ma a volte riesci a toccare un nervo scoperto, a prendere qualcosa che è sotto gli occhi di tutti e metterlo in una luce tale da risvegliare la gente, farla pensare o discutere».
Dopo una necessaria premessa di metodo, entriamo in merito alla mostra, che è più corretto chiamare intervento “site specific” per gli spazi dell’Hangar Bicocca, perché i tre grandi ambienti coinvolti -Piazza, Navate e Cubo- sono un’unica cosa con quanto l’artista vi ha inserito ed offre una rappresentazione simbolica della vita.
Tre atti di una meditazione, a partire da quella sulla fragilità della vita, sul flebile respiro che quasi ci sembra di sentire arrivare dalle due figure giacenti a terra, un uomo ed un cane, bloccati nell’immobilità del marmo bianco di Carrara: BREATH.
Chi sono? Perché stanno in quella posizione? Dormono? Perché stanno soli in mezzo al buio straniante di uno spazio enorme, toccati da una lama di luce?
Una mia allieva ha scritto: “E’ un’opera che colpisce lo spettatore come un pugno in pieno ventre, è facile mettere la musica al massimo e ignorare chi ci chiede qualcosa.”
Se appena alziamo lo sguardo, già scorgiamo tante silenziose presenze, che popoleranno, fino a occupare tutti gli spazi, le Navate: decine di piccioni in tassidermia che vegliano, guardano, interrogano chi si trova più in basso.
I curatori, Roberta Tenconi e Vicente Todolí hanno riconfigurato un lavoro storico – Tourists per Padiglione Italia, curato da Germano Celant, per la 47. Biennale di Venezia del 1997-, che aveva come protagonisti i piccioni, unendolo ad opere inedite per la prima volta presentate negli spazi milanesi, creando un evento “fuori dal tempo”, ma anche pienamente calato nel tempo presente.
Perché i piccioni sono così tanti, molti di più di quelli che si vedono in piazza Duomo o in piazza S. Marco a Venezia? Guardano o sono indifferenti? Comunicano un senso di calma o di inquietudine? Sono portatori di messaggi positivi o simboli di un mondo anonimo?
Perché, nati per stare all’aperto, sono stipati in uno spazio chiuso, quasi fossero in una voliera gigantesca? Oppure dobbiamo intendere le Navate come uno spazio urbano “ribaltato”?
Sono GHOSTS, fantasmi, e come tali sono presenze spettrali, quasi invisibili, almeno ad un primo sguardo, ma in realtà sono incombenti, fino a diventare minacciosi.
Ma già siamo attratti da una luce che proviene dal Cubo, uno spazio che si sviluppa in verticale, occupato per tutta la sua altezza da una torre, una sorta di monolite, alla cui sommità è attraversato dalla sagoma di un aereo, in resina e di colore nero opaco. Chi entra è costretto ad osservarlo dal basso verso l’alto, come davanti ad una cattedrale gotica o ad un minareto. Stupore, rabbia, soggezione si mescolano, la memoria va all’11 settembre 2001. “Un fatto a noi noto ci instilla un senso di perdita, come se ci avessero derubato di qualcosa.” BLIND.
Perché siamo ciechi? Eppure, siamo in uno spazio uniformemente illuminato. Cosa non vediamo oggi o cosa non hanno visto coloro che avrebbero dovuto vegliare su New York?
Perché l’aereo è così grande? Perché la torre sembra non essere destinata a crollare? Cosa la tiene in piedi?
Perché, appollaiati su un cornicione, troviamo ancora, a lato della torre, 12 piccioni grigi e, al centro, un piccione bianco? Vegliano su chi entra nella sala? Su coloro che hanno perso la vita nel crollo delle Torri? Sono una metafora di Cristo con gli Apostoli?
Le opere contemporanee aprono domande ed è giusto dare loro ascolto, cercando anche possibili risposte, consapevoli, però, che già questo può scatenare “un cambiamento, una mutazione di sguardo".
La mostra di Maurizio Cattelan sarà visibile contestualmente a quella di Neïl Beloufa “Digital Mourning”, prorogata fino al 9 gennaio 2022, nello spazio dello Shed: un linguaggio decisamente diverso da quello di Cattelan, che pure riflette sulla “dualità tra ciò che è reale e ciò che viene simulato attraverso modelli artificiali che emulano la vita.”
A cura di:
GIUSEPPINA BOLZONI, laureata nel 1985 presso l’Università del Sacro Cuore di Milano, dal 1986 insegna Storia dell’Arte al liceo artistico della Fondazione Sacro Cuore di Milano, ove ha contribuito all’elaborazione del progetto sperimentale su base quinquennale.