CINQUE SECOLI DI INCISIONI A LUGANO di Giuseppina Bolzoni

 

 

Ad anno scolastico appena avviato, si presenta un’occasione senza paragone per conoscere un’arte antica, che ha prodotto capolavori incredibili e che ancora oggi ha una grande vitalità: l’incisione, in tutte le sue forme ed espressioni. Dopo un breve trasferimento, in auto o ancor meglio in treno, a Lugano, possiamo scoprire una selezione significativa della ricca Collezione di arte grafica dell’ETH Zürich (Politecnico federale) nella mostra “Da Albrecht Dürer a Andy Warhol: Capolavori dalla Graphische Sammlung ETH Zürich“, organizzata al MASI (all’interno del LAC) fino al 7 gennaio 2024.

Curata da Linda Schädler, Direttrice della Graphische Sammlung ETH Zürich - una delle più importanti collezioni di stampe e disegni della Svizzera – l’esposizione presenta al pubblico, per la prima volta insieme, i nuclei più importanti della collezione con opere di artisti eccezionali come Albrecht Dürer, Lucas van Leyden, Hendrik Goltzius, Rembrandt van Rijn, Francisco de Goya, Giovanni Battista Piranesi, Käthe Kollwitz, Pablo Picasso, Edvard Munch, solo per citare i più noti.

Singolare è la storia della collezione universitaria, fondata nel 1867 da Gottfried Kinkel con lo scopo di arricchire lo studio e l’insegnamento di architetti, ingegneri e scienziati, che avrebbero potuto accedere ad una formazione non solo tecnica, ma globale. Kinkel, docente di Storia dell’arte e archeologia, iniziò ad acquistare da mercanti svizzeri o da singoli collezionisti -come dall’artista Rudolf Bühlmann da cui acquisì circa 10mila opere-, ma il patrimonio crebbe anche grazie a donazioni di privati, come quella del banchiere Heinrich Schulthess-von Meiss, fino a comprendere oltre 160’000 opere che spaziano dal XV secolo alla produzione contemporanea.

Attraverso 300 capolavori – tra stampe e disegni – si possono osservare diverse tecniche- dalla puntasecca al bulino, dalla xilografia all’acquaforte-, diversi stili e motivi iconografici, secondo un percorso cronologico, che rende più facile seguire i cambiamenti, anche profondi, che l’incisione ha subito nel tempo. Fa eccezione la prima sala, che presenta su una grande parete, autoritratti o ritratti di artiste e artisti di epoche diverse, che sembrano voler direttamente invitare il pubblico ad entrare nella mostra.

La seconda sala propone subito un grande maestro, Albrecht Dürer, di cui possiamo vedere alcune tra le incisioni più famose: Nemesis, Adamo ed Eva, Il Cavaliere, la Morte e il Diavolo, S. Gerolamo nello studio e Melencolia I.

L’immagine 1 è esemplare di come l’artista sapesse utilizzare un segno finissimo per delineare diverse superfici, dai corpi ai peli degli animali, alle cortecce degli alberi, grazie alla sua approfondita conoscenza della natura, come anche dell’arte antica:

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 1. Albrecht Dürer, Adamo ed Eva, 1504, incisione a bulino, 25,1x19,5 cm

L’immagine 2, invece, dimostra come la stampa venisse impiegata anche come strumento di rappresentazione scientifica, benché l’artista non avesse mai visto l’esotico animale e lo avesse rappresentato in modo piuttosto fantasioso.

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2 Albrecht Dürer, Il rinoceronte, 1515, xilografia e stampa tipografica, 24,3x30,8 cm.

 

Una funzione fondamentale delle stampe, in secoli in cui la fotografia non era ancora stata inventata, fu quella di riprodurre dipinti e opere d’arte, per far conoscere i capolavori ad un ampio pubblico. In mostra sono esposte alcune opere di Hendrick Goltzius, un eccellente imitatore di stili e composizioni altrui.

Ma non si può non soffermarsi un po’ più a lungo davanti alle due versioni (figure 3-4) dell’Ecce Homo di Rembrandt, dalle quali emerge il continuo processo di ritocco e perfezionamento dell’artista, reso possibile dall’utilizzo della tecnica della puntasecca, che permetteva di incidere la lastra con uno strumento d’acciaio a forma di ago appuntito, manovrato liberamente proprio come se fosse una matita.

Nell’ultimo stato (4), l’eliminazione della folla in primo piano, davanti al muro anteriore della terrazza del pretorio di Pilato, “sposta” in avanti la cena della presentazione al popolo di Cristo, rendendo chi guarda vero e proprio protagonista del momento del giudizio.

Nella stessa sala sono esposte altre grandi stampe di soggetto sacro dello stesso artista, ma anche piccoli “ritratti” di mendicanti o persone del popolo realizzati con un virtuosismo incredibile, che mostrano con quanta libertà Rembrandt utilizzare la punta per incidere il metallo.

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3 Rembrandt van Rijn, Ecce Homo, 1655, puntasecca,35,5x45,4 cm, stato: NHD V/VIII

 

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4 Rembrandt van Rijn, Ecce Homo, 1655, puntasecca,35,5x45,4 cm, stato: NHD VIII/VIII

 

La stampa, con la sua ampia diffusione, favorisce la trasmissione di soggetti iconografici nel corso dei secoli: un tema molto caro a due grandi artisti spagnoli, Goya e Picasso, vissuti in epoche diverse, ma geniali nel cogliere i momenti cruciali della rappresentazione, è quello della corrida.
Le immagini 5 e 6 isolano nello spazio dell’arena il gesto acrobatico del torero, che Picasso riprende, con una sintesi ancora maggiore, da Goya: le macchie scure sul bianco del foglio sembrano prolungare l’incanto del momento “sospeso”, senza nulla togliere alla drammaticità dello scontro.

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5 F. Goya, Tauromachia, 1816, acquaforte, acquatinta, 27,5x39 cm.

 

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6 P. Picasso, Salto con la picca, 1957, acquatinta maniera allo zucchero, 35x51 cm.

 

Tra la fine del XIX secolo e la prima metà del XX, la diffusione delle stampe d’arte si fece sempre più intensa e gli artisti trovarono nuove soluzioni tecniche, espressive e di commercializzazione. La serie Intimités (1891) di Félix Vallotton introdusse l’edizione limitata, che avrà grande successo nei decenni successivi. L’artista, dopo aver terminato il processo di stampa, tagliò in piccole parti tutte le matrici di legno utilizzate: stampò, quindi, su un foglio aggiuntivo un frammento di ogni matrice, creando una sorta di puzzle, per dare all’acquirente la certezza che non venissero realizzate ulteriori edizioni.

In ambito espressionista, di grande forza comunicativa sono le litografie di Edvard Munch, le xilografie degli artisti della Brücke, Heckel e Pechstein, le acqueforti di Käthe Kollwitz, che mettono in scena le rivolte contadine ed operaie di fine secolo. Accanto alle opere calcografiche, si possono ammirare anche alcuni preziosi disegni in filigrana di Egon Schiele e Ferdinand Hodler.

 

Tra le opere più recenti, di secondo ‘900 e degli anni Duemila, meritano un’attenta osservazione le sperimentazioni di Christiane Baumgartner, che attinge a filmati da lei realizzati, fotografie, ritagli di giornale per realizzare, con procedimenti antichi come la xilografia, immagini inedite.  Ultramarine nasce dall’estrapolazione dell’immagine di un film: punti di luce appaiono sospesi in uno spazio indefinito.

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7 C. Baumgartner, Ultramarine, 2017, xilografia a colori, 92x150 cm.

 

Nell’ultima sala, alcune opere di Andy Warhol – la gigantesca serigrafia (8) del barattolo della Campbell’s Soup e le due stampe serigrafie dalle serie Electric Chairs del 1971 - testimoniano come le tecniche a stampa siano ormai entrate pienamente nella vita quotidiana, quella che è messa a tema dalla Pop art. La serialità delle immagini e il procedimento esecutivo della serigrafia mettevano in discussione, ancora una volta, il valore dell’originale e dell’esecuzione manuale, ma nello stesso aprivano a nuove funzioni e possibilità di senso: ciò che il pubblico vedeva nelle stampe era immediatamente riconoscibile, famigliare, ma i formati diversi imponevano una sosta dello sguardo e nuove domande sui prodotti di consumo. Il soggetto “sedia elettrica” è evidentemente più drammatico, ma non sostanzialmente diverso, nel metodo, per Warhol. Tutti gli americani, e non solo loro, conoscevano la brutalità dello strumento di morte, che ancora, ripetutamente, veniva impiegato nelle esecuzioni: la riproposizione del tema, con colori ed interventi pittorici diversi, conferisce unicità ad ogni opera, come a ricordare l’unicità e la preziosità della vita umana

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8 Andy Warhol, Campbell’s Soup, 1968, serigrafia, 89,2x58,6 cm

 

La inevitabile piccola selezione che vi ho proposto, tra le molte straordinarie opere della mostra, spero serva almeno a sollecitare la curiosità vostra e dei ragazzi che vorrete accompagnare a vederla: il mondo dell’incisione è veramente ben documentato.

 

A cura di:

GIUSEPPINA BOLZONI, laureata nel 1985 presso l’Università del Sacro Cuore di Milano, dal 1986 insegna Storia dell’Arte al liceo artistico della Fondazione Sacro Cuore di Milano, ove ha contribuito all’elaborazione del progetto sperimentale su base quinquennale.

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