La 77° Mostra del Cinema di Venezia

IL CINEMA A VENEZIA E DOPO

 

 

L’edizione n. 77 della Mostra del Cinema di Venezia rimarrà a lungo nel ricordo di chi ci ha partecipato, ma anche di chi l’ha seguita da casa. L’epidemia non ha fermato la rassegna, ma l’ha pesantemente condizionata: tutti con le mascherine, sia all’aperto che al chiuso, disposizione a scacchiera nelle sale, niente bagno di folla intorno al Red Carpet, chiuso da un muro alto tre metri. Niente star straniere, se si esclude la presidente di giuria Carte Blanchett e poche altre, rimpiazzate da volti (s)conosciuti della rete e della tv.

E i film? Com’erano? Anche quelli hanno subito la mannaia pandemica, che ha lasciato sul campo tutti i grandi titoli hollywoodiani, ma anche molto del cinema britannico e francese. I quattro film italiani (non pochi) selezionati per il concorso si è visto che fine hanno fatto: la Coppa Volpi a Pierfrancesco Favino per la migliore interpretazione – peccato che in Padrenostro non fosse neanche protagonista – e stop. D’altronde, checché certa critica si sia sbracciata dall’entusiasmo, né questo, né Miss Marx, né soprattutto Le sorelle Macaluso con la loro pletora di attrici ognuna con un ruolo contato col cronometro, avevano le carte per fare breccia al 100% in una giuria internazionale: anche la critica italiana non è stata compatta nel sostenerli. E Notturno, che veramente è un signor documentario, resta comunque un documentario e non un film. E se si fosse premiato ancora Rosi, che aveva (inspiegabilmente) già vinto con un altro documentario, allora tanto valeva cambiare il regolamento: perché chi, tra i produttori di film, accetterebbe stabilmente di concorrere con i documentari?

Dei film stranieri che ci sono piaciuti, abbiamo già scritto in un precedente articolo, per cui non ci ripeteremo. Restano alcuni dubbi sui premiati: sul giapponese Wife of a Spy, la cui storia in più punti pone serie domande sulle motivazioni dei personaggi, su Nuevo Orden, la cui violenza sembra troppo compiaciuta; e anche su The Disciple, visto per una buona metà del film si sente solo cantare. Di certo Dear Comrades avrebbe meritato di più, speriamo in una sua rivincita al botteghino. Convince davvero soltanto il Leone d’oro, assegnato al delicato Nomadland e alla sua regista Chloé Zhao: unico film in concorso – insieme all’inspiegabilmente trascurato Quo Vadis, Aida? – capace di modulare alla perfezione componente emozionale e maestria tecnica secondo quella prospettiva tipica del grande cinema che ci appassiona da sempre. Quel cinema – ne siamo sicuri – tornerà a essere protagonista in laguna nel 2021, per una 78ma edizione che speriamo possa essere più vivace, più affollata, più piena di quella vita che la Settima arte, con le sue opere piene di passione, è sempre capace di celebrare.

 

 A cura di:

BEPPE MUSICCO, giornalista cinematografico e critico. Cofondatore e attuale presidente dell’associazione culturale Sentieri del Cinema ( www.sentieridelcinema.it  ). Autore di libri di cinema, consigliere di amministrazione della Fondazione Cineteca di Milano.

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