READY PLAYER ONE

Regia: Steven Spielberg

USA 2018

140'

Con Ben Mendelsohn, Mark Rylance, Ty Sheridan, Olivia Cooke, Simon Pegg

 

Mancano meno di una trentina d’anni al futuro molto più che bigio descritto nell’opera di Steven Spielberg (basato sul bestseller del 2011 di Ernest Cline): un mondo dove regna la diseguaglianza, la povertà, la disoccupazione e pure il cielo non sembra molto blu. Per il giovane Wade Watts (un nome dalla doppia iniziale da alter ego di supereroe, eredità di un padre morto da tempo) e molti altri diseredati l’unica via di fuga è l’immersione in Oasis, un meraviglioso universo virtuale creato anni prima da un genio dei computer, James Halliday (un Mark Rylance in modalità Steve Jobs: un’interpretazione che, anche senza la naturalezza esibita ne Il ponte delle spie o in Dunkirk, lascia il segno), dove chiunque può essere quello che vuole e vivere meravigliose avventure su pianeti e mondi fantastici.

Una versione magnificata dei social attuali incrociata con un’estetica da videogioco dove impera ogni possibile citazione degli Anni Ottanta, dal cinema (e non solo quello americano) alla letteratura, dal vestiario ai videogiochi che a confronto i rimandi del televisivo Stranger Things sono cosa da ragazzi. Viene dal romanzo ma è anche il segnale che, a dispetto dei giovani protagonisti, il vero target del film sono gli ultraquarantenni pronti a decifrare questo sottotesto (e che i fan di Kubrick apprezzeranno particolarmente).

A fronte di prospettive zero nella vita reale (ma non è mai chiarito da nessuna parte come il protagonista e i suoi amici giocatori, come del resto i derelitti che li affiancano, trovino di che campare visto che spendono la giornata su Oasis) Wade, grazie all’intuito, all’amore sviscerato per quel mondo e a un paio di amici fidati (di cui però – come regola del mondo virtuale – non ha idea del vero nome ed aspetto) potrebbe diventare addirittura il proprietario di Oasis. Per raggiungere l’obiettivo deve trovare tre chiavi e superare le prove seminate nel gioco dal suo creatore.

Lo schema è quello favolistico del principe coraggioso con i suoi aiutanti (nel gruppo degli “Altissimi Cinque”, in omaggio ai tempi e al marketing: c’è una ragazza tostissima, una nera intraprendente e due ragazzini giapponesi) impegnato in una magica ricerca. Dall’altra i soliti cattivi cattivissimi, in questo caso il capo di una multinazionale informatica che spera di mettere le mani su Oasis per guadagnarci con la pubblicità e la dipendenza (ma non è che tutto quel divertimento sia propriamente gratis già allora). Tra di loro sfide che si giocano con gare automobilistiche estreme, viaggi dentro a pellicole cinematografiche e lotte all’ultimo sangue su pianeti desolati, il tutto con effetti speciali di prim’ordine e un immaginario notevole.

Se l’alternanza mondo virtuale-mondo reale ricorda in certi momenti quella di Matrix, qui il popolo anziché protestare e fare la rivoluzione per le ingiustizie quotidiane sembra capace di muoversi solo per rimanere libero nel mondo alternativo. E la visione di tanti poveracci che, condotti dall’appello all’eroismo del giovane Wade, si muovono insensatamente per le strade con gli occhialoni della realtà virtuale non ricorda le piazze piene delle rivoluzioni ma la corsa disperata dei criceti in gabbia.

Il segreto della grande impresa di Wade, che è anche un’esplorazione della mente geniale del creatore Halliday (tra il ricordo di un primo appuntamento andato male e la ricostruzione di Shining) è una scoperta che anche se può sembrare lapalissiana – «la realtà è meglio perché è reale» – che lascia un’interessante domanda sul fascin odel modo virtuale. Forse è proprio l’inevitabile conseguenza dei tempi in cui viviamo che a questo reale al massimo si guadagni solo il martedì e il giovedì e la bandiera della rivoluzione sventoli per la conquista del suo surrogato. In ogni modo Spielberg qui regala il suo mestiere anche se meno emozioni di quelle che potremmo aspettarci, nonostante il buon cast di protagonisti capeggiato dal lanciatissimo Tye Sheridan (da rivedere anche in quel gioiellino che è Mud).

 

 

A cura di:

BEPPE MUSICCO, giornalista cinematografico e critico. Cofondatore e attuale presidente dell’associazione culturale Sentieri del Cinema ( www.sentieridelcinema.it  ). Autore di libri di cinema, consigliere di amministrazione della Fondazione Cineteca di Milano.

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