Beautiful Boy

 

TITOLO ORIGINALE: id

LUOGO: Usa

ANNO: 2018

DURATA: 112

REGIA: Felix Van Groeningen

CAST: Amy Ryan, Kaitlyn Dever, Maura Tierney, Steve Carrell, Timothée Chalamet, Timothy Hutton

 

Un padre, sconvolto dalla tossicodipendenza del figlio, fa di tutto per farlo uscire dal tunnel. E per capire come sia potuto accadere il terribile dramma che cambia la sua vita

David Sheff è un giornalista e scrittore affermato, ma nulla può quando un terribile dramma irrompe nella sua esistenza: Nicolas, il suo bellissimo figlio 18enne, è entrato nel tunnel della droga nonostante le sue qualità (finito il liceo, può scegliere tra ben 6 college universitari in cui è stato accettato, ma finirà per non farne nessuno) e la sua sensibilità; nonché il fatto che abbia tutto, nella sua vita, per “riuscire”. Mentre cerca di farlo curare e disintossicare in centri specializzati, rivive i momenti che hanno portato Nic a provare ogni tipo di sostanze e a rischiare di distruggere sé e i suoi genitori, separati da anni, perdendo così chi gli vuole bene, come anche la seconda moglie di David e i loro due piccoli figli, fratellini con cui Nic adora giocare. A ogni tentativo, a ogni parziale successo, segue una nuova caduta. Fino a quando potrà combattere la sua battaglia, questo padre?

Beautiful Boy è una storia vera, ed è tratto da due libri che raccontano la vicenda dai due punti di vista principali: “Beautiful Boy: A Father’s Journey Through His Son’s Addiction” di David Sheff e “Tweak: Growing Up on Methamphetamine” di suo figlio Nicolas. Un padre e un figlio che occupano quasi tutta la scena, anche se altri due personaggi importanti sono le due mogli di David, l’ex Vicki (che si vede però solo nella parte finale), madre che si colpevolizza e non sa stare con il figlio, e la “matrigna” Karen che gli vuole un gran bene e lo guarda con affetto e, però, anche comprensibile preoccupazione per i contraccolpi sulla sua famiglia (le conseguenze emotive per il marito/padre, quasi schiavo del dramma del figlio, ma anche i rischi potenziali per i fratellini che vedono questo pessimo esempio). Diretto dal belga Felix Van Groeningen, che raccontò una storia d’amore straziante in Alabama Monroe (nomination all’Oscar come miglior film straniero, fu sconfitto da La grande bellezza), Beautiful Boy può sembrare ripetitivo nelle alterne speranze deluse di David, nelle continue cadute di Nic, nelle sparizioni e nei ritorni, nelle telefonate a polizia e a ospedali, nelle paure di una tragedia imminente. E anche nel pensare a un passato felice che causa altro dolore. In realtà gli andirivieni temporali, se pure richiedono un impegno supplementare allo spettatore, d’altro canto ci fanno intuire man mano i possibili allarmi non compresi, i passaggi destinati a segnare il cammino del ragazzo, gli errori dei genitori. E se c’è una certa “classicità” che ci fa pensare a tanti film apparentemente simili (ultimo, il “femminile” Ben is Back con Julia Roberts e Lukas Hedges in cui sono madre e figlio al centro della storia), a rendere memorabile il film sono uno Steve Carell sempre più bravo, con una prova di rara finezza e sensibilità su un padre che fa di tutto (anche provare alcune droghe) per cercare di capire gli errori del figlio, e Timothée Chalamet (candidato al Golden Globe per la sua interpretazione) scatenato ma anche misurato nel ruolo del giovanissimo che rischia di bruciarsi la vita. Ma è ottimo anche l’apporto di Maura Tierney e Amy Ryan, le due mogli, mentre è molto curata tutta la confezione che rende credibili i passaggi della vita di Nic anche grazie a due altri interpreti (un bambino, stranamente poco somigliante, e un altro ragazzo invece quasi identico a Chalamet) che ci permettono a poco a poco di affezionarci al “ribelle senza causa”.

È onesto e al tempo stesso magnanimo verso il padre (e la madre) il film, la cui sceneggiatura è firmata dal regista insieme  al suo vero autore Luke Davies (nominato per Lion – La lunga strada verso casa), anch’egli con un passato di tossicodipendenza che probabilmente contribuisce a rendere credibili anche le scene più dure, nel “farsi” e nell’astinenza violenta. Ma se c’è comprensione commossa verso le sofferenze dei genitori (e anche della matrigna), si intuisce che la separazione e i continui strappi, separazioni, viaggi dall’altra parte dell’America hanno minato l’equilibrio del bambino diventato poi ragazzo; e che certi segnali non avvertiti come tali pesino come macigni sulla coscienza di David, che si chiede il perché del dramma che gli ha stravolto la vita. Ma è difficile prendere le distanze da questi genitori e sentirsi “a posto”, senza provare a immedesimarsi nel loro dramma; tanto che viene da pensare che una storia pure precisa e circostanziata, nei nomi e nel dramma vissuto, riguardi in realtà tutti i padri e le madri che faticano a comprendere il mistero che è sempre un figlio. Un mistero che può trovare il suo urlo su una pagina scritta («Avete visto il mio bellissimo figlio? Ditegli che mi manca»), lasciata su un tavolo a colpire quel figlio, a fargli intuire forse per la prima volta quanto male sta facendo a quel papà che gli vuole bene “più di tutto”. E che lotta come un leone per salvarlo, anche se non sarà esente dalla tentazione di arrendersi.


 A cura di:

BEPPE MUSICCO, giornalista cinematografico e critico. Cofondatore e attuale presidente dell’associazione culturale Sentieri del Cinema ( www.sentieridelcinema.it  ). Autore di libri di cinema, consigliere di amministrazione della Fondazione Cineteca di Milano.

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