MATERIALI PER L'INSEGNAMENTO - LETTERATURA
ROMA SENZA PAPA, Guido Morselli - a cura di G. Zanello
Guido Morselli:
ROMA SENZA PAPA
Cronache romane di fine secolo ventesimo
Adelphi, 1992
€ 10.00
Don Walter ritorna a Roma dopo trent’anni. L’aveva lasciata per la nativa Svizzera nel ’72, dopo un periodo di lavoro presso uno degli uffici vaticani. Quale città e quale Chiesa aveva lasciato? Una città scomposta, disordinata, rumorosa, ma fervida di vita, prorompente di un’umanità nella quale le passioni meschine – soprattutto le ambizioni di carriera- non cancellavano l’esuberanza vitale, che da tutte traspariva, in qualche modo tutte riscattandole. Una Roma sporca e trascurata nel suo impareggiabile sfarzo, dove l’immondizia ai piedi delle facciate barocche era il segno di una bellezza abitata, e abitata da una vita libera e immersa nella carne e nel mondo.
E la Chiesa? La Chiesa era quella del dopo Concilio e del dopo ’68, avviata dunque sulla strada delle aperture e dell’abbandono di molti aspetti della tradizione, ma a partire da un prestigio ancora assai saldo e da una diffusione ancora capillare della pratica religiosa. Insomma, per riprendere la famosa osservazione di Eliot, la Chiesa poteva leggere se stessa come ‘Chiesa che ha abbandonato il mondo’ e il mondo come fatto di uomini respinti e incompresi dalla grettezza osservante, in ansiosa attesa di entrare da una porta fino a quel momento chiusa… Nei trent’anni del suo ministero nella nordica terra natale, don Walter è stato spettatore e partecipe di grandi trasformazioni, dalla scomparsa della Messa in latino all’abolizione del celibato ecclesiastico. Si è sforzato di comprendere lo spirito dei tempi e le ragioni dei cambiamenti: ha continuato a preferire la Messa della tradizione, ma si è sposato. D’altronde, i fedeli svizzeri, educati da secoli di contiguità con il protestantesimo , hanno accettato con naturalezza la fine del celibato, come tutti gli Europei del Nord. E’ con un certo sconforto, dunque, che don Walter capisce che in Italia non è così, che qui il prete sposato suscita, se non un certo disprezzo, una bonaria, ironica condiscendenza. E qualche motivo d’imbarazzo, d’altronde, il matrimonio ha pur dato a don Walter. La Chiesa non ha cambiato opinione sul dovere della procreazione e quindi, nel mutato contesto, con un effetto anche un po’ comico, è la numerosità della prole a certificare la coerenza dei ministri di Dio. Ebbene, la pur ottima moglie di don Walter è sterile. Che dovrebbe fare, il povero parroco, per allontanare da sé e da lei il sospetto di fare uso di contraccettivi? Sbandierare la diagnosi medica dal pulpito? Il tempo passa, il nuovo invecchia in fretta, e così, dopo trent’anni, si scopre che ciò che molti preti temono è che la rinuncia al celibato diventi obbligatoria.
In trent’anni le aperture della Chiesa si sono spinte molto avanti, accelerando con il successore di Paolo VI, il turco Libero I. In particolare, è stata profondamente rivista la teologia mariana, con il sostanziale abbandono del carattere speciale del culto dovuto a Maria. E’ una novità che don Walter fatica ad accettare (la sua è la parrocchia di Einsiedeln!), che anzi combatte, con le civili armi della disputa teologica. All’iperdulia ha dedicato un faticato saggio, che ora, a Roma, cerca, con grande pudore e inutilmente, di promuovere presso le sue conoscenze che hanno fatto carriera.
Ma molte altre sono le novità che don Walter, pur con la sua umiltà e la sua prudenza, non riesce a non trovare stravaganti. Come la notizia, ad esempio, secondo la quale una buona parte degli studenti della Gregoriana sarebbe atea; o la branca della teologia che addita come missione la conversione delle macchine pensanti; o la fusione tra la Chiesa e il buddismo; o la rilettura della dimensione morale e di quella religiosa in chiave interamente psicanalitica.
Un altro è però il fatto decisivo: il nuovo Papa, Giovanni XXIV, monaco irlandese, non risiede più a Roma: ha lasciato i palazzi vaticani per trasferirsi in una specie di fattoria in aperta campagna, a Zagarolo. Lì si occupa anche personalmente di agricoltura e inoltre alleva vipere. Come potrà il nostro don Walter, che pure è venuto a Roma per essere ricevuto in udienza dal Papa, trovare ascolto, con la sua iperdulia, presso quelle orecchie? D’altro canto, il nuovo Papa parla assai raramente, mai delle cose del mondo, ha reciso ogni legame con i media. Ha anche proposto un’altra innovazione, il Papato come carica a tempo.
La partenza del Papa ha modificato profondamente la città, anzi l’ha uccisa di colpo. E non solo perché in un’Italia cui l’Europa ha assegnato una funzione esclusivamente turistica (le fabbriche sono state chiuse una dopo l’altra, tra di esse le acciaierie del Sud) l’Urbe è stata privata del principale motore del turismo, appunto. Ma perché, di fatto, partito il Papa, Roma non è più che un museo. Un’aria di morte impregna gli edifici venerandi, i resti di innumerevoli età, non meno che i giovani ecclesiastici di belle speranze. Rossi e splendidi come un tempo, i tramonti sono soprattutto struggenti, una quotidiana cerimonia funebre della Città Eterna. Anche della Chiesa?
La Chiesa di fine secolo ventesimo appare a don Walter distribuita su due binari paralleli: da un lato, la modernizzazione sempre più spregiudicata, a volte grottesca; dall’altro, la separazione totale dal mondo, la rinuncia a ogni esteriorità, l’eliminazione di qualunque particolare che evochi, anche di lontano, il passato potere temporale.
Quando finalmente, dopo molti rinvii, l’udienza attesa viene concessa, a don Walter e ai sacerdoti che sono con lui il riservato Giovanni XXIV dirà soltanto: “I preti sono portati a vedere il buon Dio a loro propria immagine e somiglianza, anche mentre predicano che siamo noi a immagine e somiglianza Sua. Invece” (sono sicuro di riferire letteralmente) “invece bisogna persuaderci che Dio è diverso, Dio non è prete”. Al termine dell’incontro, don Walter, piuttosto sconcertato, si sottrae ad ogni commento, spiegazione o critica: Avevo bisogno di non essere esposto a interpretazioni frettolose, più o meno serie e pertinenti. Avevo bisogno di ripensare da me, di sondare. Ancora, in verità, non ho sondato. Per intanto fisso questa mia esperienza, la sottraggo al fluttuare interno, più che mai insidioso in questo estremo di crisi che il mondo spirituale attraversa, in questa incertezza di ogni credente creatura. Un giorno, se spiritualmente sopravvivremo, ci tornerò.
Si è detto che la Chiesa della fine del secolo ventesimo appare a don Walter come distribuita su due binari paralleli. I termini non sono scelti a caso. In effetti non la si potrebbe nemmeno definire ‘divisa’, o ‘lacerata’: non c’è dramma, nell’incrociarsi delle diverse posizioni, non c’è una domanda che tocchi la persona nel profondo: c’è solo gioco intellettuale. O strategia pastorale. L’uno e l’altra ormai divenuti essenzialmente burocrazia. E’ la burocrazia la sola abitante che sia rimasta a Roma.
Questi alcuni elementi del contenuto del romanzo di Morselli, disperatamente inadeguati a dar conto della ricchezza e della profondità dei temi trattati, dello splendore dello stile, della messe inesauribile di riferimenti culturali. Morselli ha creato una fine secolo di fantasia innestandovi, con impressionante lucidità profetica, idee e fatti che potevano apparire iperbolici e stravaganti ai lettori del 1974, quando il libro fu pubblicato a un anno dalla morte dell’autore, ma al cui verificarsi, in abiti a volte nemmeno tanto mutati, i decenni successivi ci hanno abituato. La vicenda ha la forma di un diario scritto dal protagonista, don Walter, che usa un linguaggio da prete, e da prete colto. Linguaggio che Morselli maneggia con impareggiabile maestria e conoscenza di causa, nelle tematiche, nel lessico, ma anche nelle sospensioni, nelle reticenze, nei sospiri, viene da dire.
E porta anche noi per le vie di Roma alla fine di un’epoca, costretti a riconoscere che la Chiesa si è aperta al mondo ma il mondo non vi è entrato. Almeno a volte così si è tentati di pensare. Ma, come don Walter, sonderemo.
A cura di:
Giuliana Zanello è nata a Milano nel 1957. Si è laureata all’Università Cattolica del Sacro Cuore e insegna al liceo classico di Busto Arsizio. Collabora occasionalmente con IlSussidiario.net