LA RICERCA DEL SANTO GRAL

Autore: Mino Milani

Editore: Mursia 2002 - € 11,00 (disponibile solo online)

Target: da 11 anni

 

Ora, le ferite aperte nelle mani, nei piedi e nel costato di Gesù, ancora sanguinavano; e non volendo che tale tanto prezioso sangue fosse bevuto dalla terra, Giuseppe d’Arimatea lo raccolse stilla a stilla in un calice che s’era portato appresso. Era, quel calice, una ben santa reliquia! In esso infatti Gesù aveva consacrato il vino durante la sua ultima cena; e ad esso avevano a uno a uno bevuto gli Apostoli”.

Comincia da qui, proprio dall’inizio, la meravigliosa storia del Santo Graal (Mino Milani utilizza la grafia “Gral”, riproducendo suggestivamente  la sequenza delle mutazioni linguistiche: Gradalis(Calice)/Gradale/Gradal/Gradl/Gral).  Lo scrittore pavese la ricostruisce in modo affascinante rielaborando i romanzi del Ciclo bretone, e facendo intervenire come intermediario il menestrello Wiligelmo.

Dopo la morte in croce e la risurrezione di Gesù, il suo discepolo Giuseppe d’Arimatea, che lo aveva riposto nel proprio sepolcro, viene accusato di aver trafugato il corpo per creare scompiglio nell’ordine pubblico. Ponzio Pilato lo fa murare vivo in una cella, condannandolo alla morte per fame.  Giuseppe riceve la visita sfolgorante di Gesù, che gli affida il calice dell’ultima cena, promettendogli  di mantenerlo miracolosamente in vita. Parecchi decenni dopo l’imperatore Tito, venuto a combattere una ribellione in Palestina, scopre la cella di Giuseppe d’Arimatea: il discepolo è ancora vivo, e viene liberato, insieme al Sacro Calice. Giunto alla città di Sarras, Giuseppe incontra il nipote Giosefeo, vescovo cristiano vittima di una terribile persecuzione.  I due fuggono fino alla riva del mare, poi stendono sulle acque il mantello di Giosefeo che diventa una solida zattera; dopo molti mesi di navigazione, tenuti in vita dal Sacro Calice, giungono in Britannia e qui costruiscono un eremo e predicano il Vangelo. Venuti a morte Giuseppe e Giosefeo, la sacra coppa rimane affidata ai monaci dell’eremo; ma ben presto essa diventa oggetto di pretese mondane: potenza e ricchezza. Per evitare che il Sacro Calice finisca in mano a qualche sacrilego malintenzionato, il pio monaco Alano con i suoi confratelli decide di portarlo in un luogo più sicuro. Dopo una lunga navigazione essi giungono nella Terra Lontana, dove il re lebbroso Kawales li cattura e li condanna a morte.  Ma Alano lo guarisce dalla lebbra per la virtù del Sacro Calice (chiamato ora il Santo Gral), ottenendo dal re non solo la libertà, ma anche la costruzione di un castello fortificato e inaccessibile nella foresta di Corbenic. Qui il Santo Gral viene nascosto; del castello e del Sacro Calice si perde la memoria e passano così i secoli.  Veniamo quindi trasportati a Camelot, nella Britannia di re Arturo (Artù), tra i Cavalieri della Tavola Rotonda, dove un seggio, detto “periglioso” rimane sempre vuoto, perché destinato a un cavaliere senza peccato. Durante il torneo di Pentecoste, Mago Merlino annuncia che sta per arrivare il cavaliere puro che sarà degno di sedersi sul seggio periglioso, e anche di trovare il Santo Gral. A questa notizia, molti cavalieri si prendono gioco di Merlino, ma in quel momento una luce abbagliante appare per breve tempo nella sala: sotto di essa si intravvede la forma di un calice. E’ a questo punto che comincia la “cerca”: tutti si dichiarano pronti a partire. Merlino li ammonisce: solo un cavaliere puro potrà trovare il Gral.  Lancillotto a nome di tutti ammette che i cavalieri non sono senza peccato, ma confida che la ricerca purificherà chi la intraprende. Così molti partono “ma, verso dove, nessuno sapeva”.  Il primo di essi è Ser Galvano di Orkney:  egli incontra molte avventure, e in particolare viene ostacolato da un misterioso Cavaliere Verde (lo stesso Mago Merlino), che gli svela tutta la sua indegnità. Così ser Galvano torna tristemente a Camelot. E’ la volta di ser Lancillotto del Lago, che parte per amore della bella regina Ginevra. Il suo percorso, ricco anch’esso di drammatiche avventure, è come suddiviso in due fasi: dapprima Lancillotto conosce la paura, la sconfitta e la fuga (viene disarcionato da un misterioso cavaliere che reca l’Unicorno sullo scudo); riparatosi in un eremo, riconosce i propri peccati e si converte, ricominciando la ricerca con cuore nuovo. Aiutato da un vascello dalle bianche vele, si imbarca e viene condotto al castello di Corbenic, ma riesce solo a godere della visione parziale del Santo Gral abbagliante e velato. Dopo aver ripreso il mare, ed essere rimasto tra la vita e la morte per venticinque giorni, rinuncia alla ricerca e torna a Camelot.  Qui nel frattempo è giunto un cavaliere sconosciuto, il cui nome è ser Galahad (l’Unicorno è il suo simbolo); questi vince il torneo di Pentecoste e viene accompagnato da Merlino al posto di cui è degno: il seggio periglioso. A questo punto ser Galahad viene invitato a partire alla ricerca del Santo Gral. Anche per lui si moltiplicano avventure meravigliose e ricche di segni prodigiosi, finché due cavalieri, ser Perceval e ser Bors, gli fanno compagnia nell’ultima fase della ricerca. Nei sotterranei del palazzo di Sarras, i tre amici trovano una stanza misteriosa, dove incontrano Giuseppe di Arimatea. Egli li introduce alla visione perfetta del Gral, che però è riservata a Galahad, il cavaliere senza peccato. Dopo l’esperienza miracolosa della visione, Galahad muore, e viene trasportato via da una nave dalle candide vele. “Così ebbe fine la Cerca del Santo Gral”.

“Vi prego di non dimenticarvi nemmeno di me, che ho narrato la storia alla maniera dei menestrelli”.

Così si congeda dai lettori Mino Milani: tra gli oltre 700 testi da lui prodotti, tra romanzi, racconti e fumetti, occupano un posto di rilievo le storie del Ciclo bretone, e in particolare questo piccolo gioiello che narra della ricerca del Santo Gral. Forse la quest più famosa della storia della letteratura, capace di commuovere e di accendere la fantasia di milioni di persone, gente comune e famosi artisti, scrittori, musicisti. Fino a degenerare nell’esoterico e nel magico, come dimostrano Dan Brown e Indiana Jones: filone che nel lavoro didattico occorrerà evitare accuratamente, mentre sarà utilissima la tetralogia di libri illustrati “La Tavola Rotonda” a cura di Alex Voglino e Sergio Giuffrida, Ed. Jaca Book 2000. Con i ragazzi la vicenda si può leggere a livelli diversi: uno più avventuroso e fiabesco (un Medio Evo di tornei, castelli, eventi prodigiosi), dove è presente il ritmo ternario proprio delle fiabe: tre fratelli tentano l’impresa, ma i primi due falliscono e solo il terzo, puro di cuore, riuscirà a compierla. Ma è inevitabile giungere al livello più profondo, che vede nella cerca del Gral la metafora stessa della vita: un pellegrinaggio, un’avventura (ad ventura: andare incontro ad avvenimenti imprevedibili) alla ricerca del significato di tutto. Il Gral simboleggia questo: per trovarlo occorre il cuore puro, cioè cercare proprio quello e non altro. Chi lo cerca per avere ricchezza e potere, gloria personale o devozione alla propria donna, fallisce. La ricerca deve concludersi, è fatta per trovare, non per non trovare. Tutti comunque, anche coloro che falliscono,  imparano qualcosa e cambiano. E’ un cammino di iniziazione, ovvero una  prova che serve all’educazione della persona.  Tra ossessione e dimenticanza c’è un’altra via, che è la ricerca e il desiderio che quel che facciamo e soffriamo e viviamo di bello abbia un senso, duri per sempre e costruisca qualcosa di stabile. E’ molto significativo che Galahad si presenti alla prova finale in compagnia di due amici: non è l’eroe solitario ma il “santo” che ha bisogno di un’amicizia per essere sorretto nel cammino.  Mino Milani riscrive questa storia in un linguaggio aulico, solenne, con gli stilemi narrativi tipici dell’epica (ripetizioni come “nella bella lingua latina”, descrizioni paesaggistiche evocative e poetiche, prevalenza di azioni concrete, rimandi al menestrello Wiligelmo che funge da testimone dei fatti narrati). Il lavoro didattico, già di per sé ricchissimo, potrà ulteriormente giovarsi di drammatizzazioni e di collegamenti con la Musica (ad es. “Parsifal. La canzone dell’ideale” di Claudio Chieffo) e naturalmente con i riferimenti più ampi all’Epica Medievale.

(ha collaborato Rosa Papa)


A cura di:           

Enrico Leonardi.  Ha insegnato Lettere nella Scuola Media di Inzago (MI) per 37 anni, è in pensione dal 2007. Ha partecipato alla Equipe di D’Ambrosio/Mocchetti/Mazzeo con  altri numerosi amici per una trentina d’anni; insieme hanno pubblicato le Antologie “Introduzione alla realtà”, “Nuova introduzione alla realtà” e “Oltre la siepe” e il Corso di Geografia “Terra dei popoli” sempre con l’Ed. La Scuola. Fa parte del Centro Culturale “J. H. Newman” di Cernusco s/N. e del Gruppo Medie di “Stand By Me”.

CDOLogo DIESSEDove siamo