LA FINE (L'INIZIO) DELLA STORIA?

 

“…uno dei romanzi più veri e commoventi del mio tempo…”

Questa citazione da W. Faulkner non è qui per sostenere un romanzo che non ne ha bisogno, ma perché conferma mirabilmente il mio pensiero.

The End of The Affair, uscito in Italia con il titolo di La fine dell’Avventura, e in una nuova edizione con il tiolo di La fine della storia, è un romanzo di G. Greene del 1951. In quest’opera Greene, partendo da una storia d’amore, esplora il groviglio di domande e di esigenze che costituiscono la natura umana affiancandogli, seppur a volte in modo enigmatico, la risposta possibile offerta dall’esperienza cristiana.

La vicenda si svolge sostanzialmente nell’arco di quaranta giorni subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, con continui rimandi di tempo, ricordi, ricostruzioni che ne rendono intrigante la lettura.

In una Londra che ancora risente delle ferite della guerra, una sera di pioggia mista a neve, fredda, emergono dalle tenebre fitte due dei tre protagonisti del romanzo, Maurice e Henry. Quest’ultimo è un funzionario ministeriale, onesto, scrupoloso, forse un po’ ottuso, Al contrario Maurice è uno scrittore, di un certo successo, ancora abbastanza giovane,  presuntuoso quanto basta, facile all’irrisione del suo prossimo, anche se non privo di sensibilità. Non sono amici, solo conoscenti, abitano case che contornano un gran prato, o piccolo parco, di Londra, il Common. E’ questa l’unica parte di Londra dove tutto nel romanzo si svolge. Una piccola parte del tutto, ma quante avventure.

Henry confida a Maurice di essere preoccupato per Sara, sua moglie. Esce spesso, anche di sera, è strana. Lui pensa che possa avere un amante. E si confida proprio con l’uomo che per quattro anni è stato amante di Sara, fino alla improvvisa, impensabile rottura di due anni prima. Maurice suggerisce di ricorrere a un investigatore privato, e si offre di farlo lui stesso, un po’ per prendersi gioco di Henry, un po’ perche è ancora geloso, ex amante geloso di Sara, e vuol sapere.

Sara.  La prima parte del romanzo si compone dei ricordi di Maurice, di Sara sappiamo solo che è molto bella e che vive l’istante, nell’istante, senza pensieri per il futuro e rimorsi per il passato. “Non giocava mai a quel gioco di ingannare se stessa”, dirà Maurice.  Il loro appare un amore travolgente, appagante. In alcune pagine sembra quasi che Maurice sia preda non solo di un grande amore, ma di un furor che si esprime in passione irrefrenabile, odio, astio. Odio e astio perché non può avere Sara sempre, non può averla tutta per sé, ma solo nei ritagli di tempo, quando Henry non c’è, quando fa tardi, quando si trova una buona scusa. Non può comprenderla completamente, qualcosa sfugge. Ma soprattutto ha paura che tutto possa finire. “Non ci si contenta di un affetto. Io volevo che l’amore continuasse per sempre e non finisse mai”, dirà Maurice. Henry, invece, “io me ne sono accontentato”.

L’amore di Maurice e Sara è apparentemente appagante per entrambi, ma dai pensieri di Maurice, dai ricordi, ci si rende conto pian piano che il tema del romanzo non è solo l’amore, e poi la sua fine. C’è traccia di altro, di un desiderio di felicità, di comprendere di più la vita e il suo senso, tramite quell’amore ci si avvicina al mistero della vita, travolgendo il tempo.

Questo per quattro anni, fino a un giorno del ’44 quando un razzo tedesco V 1 cade proprio sul Common, distruggendo la casa di Maurice, dove lui è con Sara. Dopo lo scoppio, nella stanza semidistrutta, Maurice si risveglia ferito e coperto di macerie e scorge Sara accovacciata contro una parete rimasta intatta. Ecco il breve dialogo tra i due:

“Cosa stavi facendo sul pavimento?

“Pregavo”.

“Chi?”

“Qualunque essere potesse esistere”.

La paura di Sara è che Maurice fosse rimasto ucciso. Questo è il motivo di quella assolutamente per lei impensabile, ma così naturale preghiera, a cui si aggiunge un gesto, una decisione, di cui non voglio dire altro per non togliere al lettore la gioia della scoperta.

Da quel momento praticamente Maurice non vedrà più Sara.

Saranno giorni lunghi, di silenzi inspiegabili, di solitari scoppi di ira, ma Sara gli si sottrae.

Dunque Maurice contatta l’investigatore privato che comincia a informarlo degli spostamenti, degli incontri di Sara, ma senza grandi sorprese. Fino al giorno in cui l’investigatore, riuscito a intrufolarsi nella casa di Henry, gli porterà il diario di Sara.

 Nella seconda parte del romanzo noi troviamo Maurice che legge il diario di Sara e cominciamo a conoscere la vera protagonista. La sua devozione a Henry e il grande amore per Maurice. C’è però un senso di nausea al pensiero di Maurice che legge le pagine del diario, soprattutto di quelle dove si tratta della loro relazione, e sono tante. Scopriamo così che per Sara amore vuol dire assecondare la felicità dell’altro, aiutarlo a trovare pace, aiutarlo ad essere felice: “Voglio dire soltanto che io desidero che tu sia felice. Odio che tu sia infelice Non mi importa qualunque cosa tu faccia, purchè ti renda felice”. Ecco Sara

Ma torniamo a quel giorno del ’44, quando Sara prega un Tu misterioso.

Recita un versetto della Bibbia, il Signore ascolta chi lo invoca. E qui comincia il grande percorso, la vera avventura. Perché quel Tu non abbandonerà più Sara, la prende sul serio. Certo non sarà un percorso facile, mille volte lei cercherà di sottrarsi. Il suo amore per Maurice è ancora lì, la chiama. Leggiamo nel diario,  “Lui non esiste, vero? Non può esistere. Non si può ammettere un dio misericordioso e questa disperazione”. Tornerà al momento dello scoppio, a Maurice steso a terra, “perfino la semifelicità che gli avevo dato era scolata fuori come sangue…Mi inginocchiai, posai la testa sul letto e  desiderai di poter credere. Buon dio, dissi-- perché buono, perché buono—fammi credere”. Cercherà di fuggire dalla sua decisione, “se solo mi potessi convincere che non si è tenuti a mantenere una promessa fatta a qualcuno a cui non si crede, e che miracoli non ne avvengono”, fino quasi a provocare, “Io voglio fare qualcosa che mi piaccia e che Ti offenda. Altrimenti cos’è se non mortificazione, e ciò equivale a un’espressione di fede. E credimi, mio Dio, non credo in Te ancora, non credo in Te ancora”. Cercherà di convincersi che la sua preghiera è stata solo una illusione, che non  c’è nulla oltre quel mondo materiale che ci è dato da vedere e toccare fisicamente. Dovrà però riconoscere che quel mondo non le basta più. “Lascia che mi dimentichi di me stessa. Buon Dio, ho cercato di amare e ne ho fatto un tale imbroglio. Se potessi amare Te, saprei come amare loro” E  pian piano troverà la via e la pace,  in quella chiesa del XVII secolo che si apre sul Common, una chiesa cattolica, dove Sara si offrirà definitivamente al vecchio crocifisso nel buio di una cappella. Offrirà il suo sacrificio come quel giorno aveva offerto la sua preghiera.

Povero Henry, è questa la stranezza della moglie, che la porta a uscire, a riflettere, soffrire, a confidarsi infine con un frate passionista, per capire di più, fino a scegliere di abbracciare la fede, fino alla morte.

Per Henry il colpo è duro, ma la sua pusillanimità, o l’ottusità, lo aiutano a superare l’evento. Arriverà a chiedere a Maurice di andare a vivere nella sua grande casa, ora vuota di Sara, dove potrà lavorare e vivere con più agio.

Per Maurice ci sarà solo astio: “La mia gelosia non era finita come quella di Henry, con la morte”. Arriverà a negare il cammino di Sara, a non accettarlo, e finirà con suggerire a Henry di rifiutarle un funerale cattolico. Una veloce cremazione e via. Fine. Dell’avventura. Ma di quale avventura si compone il romanzo? Di una grande, umana passione o di quella che conduce a riconoscere il mistero? Siamo quasi condotti a pensare che il percorso-sacrificio di Sara in qualche modo agirà anche in Maurice, non lasciandolo più nella sua presuntuosa sicurezza.

“…nulla rimaneva quando avevamo finito, salvo Te. Per nessuno dei due. Avrei potuto impiegare tutta una vita, spendendo un poco di amore alla volta, diluendolo qua e là, su quest’uomo o su quello. Ma anche quella prima volta, nell’albergo vicino a Paddington, noi l’abbiamo speso tutto. Tu eri là a insegnarci come sprecarlo, come avevi insegnato all’uomo ricco, in modo che un giorno non ci rimanesse nulla all’infuori di questo amore per Te. Ma sei troppo buono con me. Quando Ti chiedo dolore, Tu mi dai pace. Dalla anche a lui. Dagli la mia pace, ne ha più bisogno di me”

E’la prima pagina del diario di Sara che Maurice leggerà. Data poco prima della sua morte.

 


A cura di:

Marco Grampa

Laurea in Lingue e Letterature moderne presso IULM di Milano. Insegnante al Liceo Classico Crespi di Busto Arsizio per 20 anni, per otto anni presso il Liceo Scientifico Tirinnanzi di Legnano,

dove ha operato come senior manager per scambi culturali con istituti australiani, portoghesi e USA.

Traduttore di opere soprattutto di carattere letterario da paesi di lingua inglese, in particolare africani.

Autore di racconti e brevi saggi per riviste locali.

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