Ernest Hemingway

VECCHIO AL PONTE

reperibile in rete, tratto dalla raccolta: "I quarantanove racconti" 

Ora che la guerra è tornata in Europa, e ci schiaffeggia non più solo con battaglie lontane viste attraverso il filtro della televisione, ritorno nel pensiero a un breve racconto di Hemingway, per me significativo perché sul tema della guerra non dice solo di popolo contro popolo, gente contro gente, ma dice che la guerra non solo tocca genericamente tutti, ma tocca ciascuno, ci assale uno per uno.

E’ un breve racconto, ma forse è nei suoi racconti che Hemingway raggiunge il punto più alto, lampi, squarci di azzurra verità sull’uomo, che rompono per un attimo la nebbia grigia della vita vissuta quasi inconsapevolmente, e sempre alla ricerca di un dopo rassicurante, finalmente appagante e felice che non viene mai.

Il racconto è breve, dicevo. Non ci sono battaglie, saccheggi, attacchi, ci sono solo due uomini che si dicono poche parole in un giorno di violenza implicita, temuta, quindi ancora più inutile, perché non muove alla ribellione o alla giusta collera. Una violenza contro un individuo apparentemente insignificante e solo. Il narratore è un ufficiale, si presume. Siamo nel pieno della guerra civile spagnola. Il suo compito è sorvegliare l’avanzata del nemico, i franchisti, e aiutare chi sta fuggendo ad attraversare un ponte improvvisato sull’Ebro, verso Barcellona. Gente che fugge, che si accalca verso il ponte, tra automezzi e carri trainati da muli, camminando tra la polvere “che arriva alle caviglie”. L’ufficiale vede un uomo seduto all’imbocco del ponte. “Un vecchio con gli occhiali con montatura di metallo e abiti coperti di polvere”.

L’ufficiale gli si fa incontro.

“Da dove vieni?”

“Da San Carlos”, disse, sorridendo. Era la città dov’era nato e gli faceva piacere citarla, e sorrise.”

 

Sì, fa piacere ricordare il posto dove si è nati e vissuti, ci sono legami.

Mi prendevo cura degli animali”, spiegò.

L’ufficiale non capisce, perché il vecchio non ha l’aspetto di un pastore, o di un mandriano.

Sì, sono rimasto a badare agli animali. Sono stato l’ultimo a lasciare San Carlos”.

“Che animali?”

“Diversi”…”Ho  dovuto abbandonarli”.

L’ufficiale lo ascolta distrattamente perché deve controllare il passaggio sul ponte e ha paura che il nemico si avvicini troppo.

Che animali?”

C’erano due capre, un gatto e quattro coppie di piccioni”

“E hai dovuto abbandonarli?”

“Sì, per via dell’artiglieria”.

Il vecchio è seduto per terra all’inizio del ponte, gli abiti coperti di polvere. La gente in fuga gli passa accanto, si affolla sul ponte, lo attraversa in fretta, ma lui non si muove.

Non hai famiglia?” Chiede l’ufficiale.

No, solo gli animali che ti dicevo prima”.

L’ufficiale lo invita ad alzarsi, gli dice che oltre il ponte, in fondo alla strada, ci sono degli autocarri e può salirci sopra.

Dove vanno gli autocarri?”

Verso Barcellona”.

“Non conosco nessuno là”.

La stanchezza del vecchio è tutta sul suo volto, nel suo sguardo. “Il gatto se la potrà cavare, ne sono certo…Ma gli altri? Cosa pensi potrà succedere agli altri?

Beh, ce la faranno

Lo pensi davvero?”

Perché no?”

L’ufficiale scruta lontano, gli ultimi carri sono passati. Un ultimo invito al vecchio, “se ti sei riposato, io vado. Alzati e cerca di camminare”.

Il vecchio lo ringrazia. Si alza, barcolla da una parte e dall’altra, poi si rimette a sedere nella polvere. “Stavo solo badando agli animali”.

Non c’era più nulla da fare per lui, conclude il narratore. I fascisti avanzavano verso l’Ebro.  Per fortuna c’erano grigie nuvole basse, e gli aeroplani non volavano. “Questo, e il fatto che i gatti sanno cavarsela da soli era tutta la fortuna che il vecchio poteva avere”.

Così si conclude il racconto. Lo si trova facilmente nella rete, The Old Man at the Bridge. Lo si legge d’un fiato e non lo si scorda più.

Ma dovremo tornare a Hemingway e ai suoi racconti.

 


A cura di:

Marco Grampa

Laurea in Lingue e Letterature moderne presso IULM di Milano. Insegnante al Liceo Classico Crespi di Busto Arsizio per 20 anni, per otto anni presso il Liceo Scientifico Tirinnanzi di Legnano, dove ha operato come senior manager per scambi culturali con istituti australiani, portoghesi e USA.
Traduttore di opere soprattutto di carattere letterario da paesi di lingua inglese, in particolare africani.
Autore di racconti e brevi saggi per riviste locali.

 

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