MATERIALI PER L'INSEGNAMENTO - LETTERATURA
BREVI CONSIDERAZIONI SUL TEATRO NEL MEDIOEVO INGLESE, a cura di M. Grampa
BREVI CONSIDERAZIONI SUL TEATRO NEL MEDIOEVO INGLESE
Bernardus de eadem
Aspicias capud inclinatum ad te salutandum
Os clausum ad te osculandum
Brachia extensa ad te amplectendum
Latus apertum ad te diligendum
Pedes clauis confixos ad te commorandum
Totum corpus in cruce extensum
ad se tibi totum largiendum
Seint bernard oez ke ben le dist.
Gallice ad idem
Regardez en la face Ihesu crist
Veez cum encline la teste pur nus beiser
Cum il estent le bras pur nus en-bracer
Sun coste oure son quer mostre pur nus amer
Trestot son cors est mis en croiz pur nus sanner
Anglice ad idem
Man, folwe seintBernardes trace
And loke in ihesu cristes face,
How hee lut hys heued to the
Sweetlike for to kessen the,
And sprat hise armes on the tre,
Senful man, to klippen the.
In sygne of loue ys open his syde;
Hiis feet y-nyledwid the tabyde.
Al his bodi is don on rode,
Senful man for thyne goode.
Questa lirica del duecento inglese (cfr. D. Pezzini, Poesia della Croce nel Medioevo Inglese, Pubblicazioni dell’ ISU – Università Cattolica, Milano 1984) viene qui presentata nelle tre lingue allora in uso in Inghilterra. Ne offro la traduzione, tratta sempre dal testo citato sopra, della versione in anglosassone.
Uomo, segui la traccia di San Bernardo
E guarda il volto di Gesù Cristo,
vedi che verso te piega il suo capo
dolcemente perché vuole baciarti,
e le sue braccia stende sulla croce
o uomo peccator, per abbracciarti.
Come segno d’amor apre il suo fianco;
ha i piedi inchiodati per restare con te.
Tutto il suo corpo soffre sulla croce,
o uomo peccator, per il tuo bene.
Le tre versioni della medesima lirica o litania segnano, in particolare le ultime due, la differenza linguistica che esiste ancora in Inghilterra dopo circa un secolo e mezzo dalla conquista normanna. Mentre i Normanni portano la lingua e la cultura francesi, il substrato anglosassone permane, e ci vorranno ancora secoli prima che l’inglese cominci a diventare quello che è la lingua odierna.
Quando i Romani abbandonarono l’Inghilterra per meglio proteggere il cuore dell’impero, popolazioni di Angli, Sassoni e Juti si insediarono nell’isola anche scacciando i Bretoni romanizzati nel Galles, nella Bretagna francese e in Irlanda. E’ certo che i nuovi arrivati portarono nuove forme culturali, canti, danze, musiche, oltre alle loro saghe e i loro racconti mitici. L’arrivo dei Normanni conquistatori comportò violenza ma anche incomprensione linguistica. La mescolanza delle due popolazioni avvenne a fatica e nel lungo periodo. Il canto e la lirica francesi non erano compresi dagli anglosassoni, e viceversa. Il teatro divenne un veicolo di trasmissione culturale, artistica, educativa, con forte carattere unificante.
Con la fine della dominazione romana in Inghilterra finì l’esperienza del teatro classico greco-romano. Ma il teatro non può essere cancellato del tutto dall’esperienza degli uomini. Nei luoghi di incontro e di mercato certamente non mancavano mai giocolieri, musici, artisti di strada, mimi, cantori, per il divertimento di tutti, proprio così come c’era spesso un buffone nelle corti feudali.
Il teatro si fece strada perché offriva un sistema di comunicazione non solo verbale, ma la parola era accompagnata da gesti, mimica, costumi, colori e suoni, e pian piano in sempre più attraenti e convincenti narrazioni.
Comunemente si fa iniziare il teatro medievale dal quem quaeritis?, rappresentazione dell’episodio evangelico della Resurrezione di Cristo, rappresentata nelle chiese ad opera di chierici, a scopo istruttivo per gente per lo più incolta. L’esperienza probabilmente piacque perché più immediatamente fruibile della predicazione, e il clero ne comprese la funzione didattica. Alle prime rappresentazioni ne seguirono altre, prima all’interno e poi all’esterno delle chiese, sulle piazze, negli spazi possibili nei villaggi e nelle città, in particolare nelle occasioni di festività, che non mancavano mai in quel periodo. Fu così che si costituì il corpus dei Misteries, storie della vita di Cristo, a cui seguirono i Miracles, storie ricavate dalla vita dei santi, e finalmente i Morality Plays, narrazioni di argomento morale, spesso accompagnate da altre dai toni più leggeri e comici.
Le rappresentazioni si svolgevano su pageant, carri trainati da cavalli, che avevano la funzione di palcoscenico, e che servivano per una singola scena, terminata la quale si passava al carro successivo. Particolarmente animata la scena della discesa agli inferi di Gesù dopo la sua Resurrezione. Il carro che rappresentava l’inferno doveva essere qualcosa che stupiva gli spettatori con spettacolo di fumo, scoppi, suoni assordanti e fastidiosi, insomma l’inferno era segnalato da grande agitazione e frastuono. Mi fa piacere pensare che anche l’espressione italiana “baccano infernale” possa risalire a quella esperienza, ovviamente non limitata al mondo inglese, come testimonia la circolazione in Europa di storie, drammi e ballate molto simili da un paese all’altro. Le narrazioni sceniche vennero lentamente a diventare appannaggio, nelle città in particolare, delle corporazioni. Ogni corporazione preparava la sua rappresentazione, con attori dilettanti. La popolarità dei Morality plays comportò lo sviluppo di nuovi testi e canovacci, staccati dalle narrazioni della Bibbia e dall’agiografia. Cominciarono così a formarsi gruppi di attori professionisti, che portavano i loro lavori tanto nelle corti feudali quanto sulle piazze di modesti villaggi.
Everyman, un morality play, non è circoscritto al mondo inglese, lo si trova nei Paesi Bassi, e nella più recente versione di Hoffmanstahl viene ancora rappresentato a Salisburgo. Che il teatro medievale inglese sia stato un fenomeno popolare e importante è testimoniato dal fatto che ancora oggi, penso in particolare a York, ci siano cicli di sacre rappresentazioni, con concorso di numerosissimi spettatori e la partecipazione di gran numero di attori e comparse. Tornando a Everyman, sicuramente era di forte impatto la parte finale, quando, davanti alla morte che lo chiama, il ricco protagonista vede defilarsi tutti gli amici che aveva, come Potere e Ricchezza. L’unico che rimane con lui, che non lo abbandona nell’istante finale, è il mite Buone Azioni.
Un’ultima considerazione. L’esperienza del teatro medievale influì certamente sul teatro rinascimentale, in primo luogo perché favorì una consuetudine, poi perché si rivolgeva a tutti, colti e meno colti, non perdendo quel carattere sociale unificante di cui si diceva all’inizio.
Tuttavia, come non pensare al fenomeno teatro in certe pagine di Chaucer? Nei Racconti di Canterbury egli fa precedere ogni racconto da una breve descrizione della persona che lo narra. Se alcuni personaggi sono descritti con ammirazione o ironia che si apprezzano in una attenta lettura, quando Chaucer introduce la Wyfe of Bath, la Donna di Bath, noi la vediamo quasi avanzare nella sua prorompente vitalità, nei suoi panni sgargianti, nella sua sicurezza di sé, sulle assi di un palcoscenico, viva e gesticolante. Eccola,
C’era con noi un’ottima donna della città di Bath,
un po’ sorda, purtroppo,
Nel fare panni era talmente brava
Da superare quelli dei Paesi Bassi.
…….
I suoi scialli erano di tessuto finissimo,
direi che pesavano almeno dieci libbre
quelli che si metteva in capo la domenica.
Le sue calze di un bel rosso vivo, ben attillate,
le scarpe morbide e nuove.
Un viso impertinente, bello, di colorito acceso.
…..
Sul cavallo sedeva comoda, avvolta da un soggolo,
e in testa un cappello grande come uno scudo,
una gualdrappa nascondeva gli ampi fianchi,
e sotto spuntavano speroni aguzzi.
A cura di:
Marco Grampa
Laurea in Lingue e Letterature moderne presso IULM di Milano. Insegnante al Liceo Classico Crespi di Busto Arsizio per 20 anni, per otto anni presso il Liceo Scientifico Tirinnanzi di Legnano, dove ha operato come senior manager per scambi culturali con istituti australiani, portoghesi e USA.
Traduttore di opere soprattutto di carattere letterario da paesi di lingua inglese, in particolare africani.
Autore di racconti e brevi saggi per riviste locali.