MATERIALI PER L'INSEGNAMENTO - LETTERATURA
DIVAGAZIONI SU FINALE DI COMMEDIA (da The Importance of Being Earnest), a cura di M. Grampa
DIVAGAZIONI SU FINALE DI COMMEDIA
da The Importance of Being Earnest
di Oscar Wilde
Dover Thrift Editions, su paperback e su Kindle
Dopo l’insuccesso della rappresentazione di una delle sue prime opere teatrali, il poeta e drammaturgo francese De Musset decise che da quel momento in avanti le sue opere non sarebbero più state rappresentate nello spazio di un teatro ma dovevano essere lette nella propria camera e seduti su una accogliente poltrona.
Voglio proporre la stessa cosa per una parte almeno, il finale, di una famosa commedia “frivola” di O. Wilde, The Importance of Being Earnest.
L’opera venne rappresentata per la prima volta nel 1895 a Londra ed ebbe un clamoroso successo. Il contesto è quello di una realtà alto borghese e aristocratica, contenta e appagata del proprio status, relativamente sicura di sé, un po’ come la Francia fin de siècle, ma senza eccessi e stravaganze. Entrambi i paesi godevano di prosperità, almeno per una certa parte della società, e tutto sembrava avviarsi verso un inarrestabile progresso. La prima guerra mondiale, come disse acutamente e amaramente Paul Valery con la frase ora sappiamo che siamo mortali, pose fine al sogno.
Wilde sceglie di trattare la materia con molta ironia, e con il suo humour descrive e punzecchia quella realtà affluente, non molto riflessiva, ne sottolinea debolezze e stravaganze. Ma non vuole essere caustico, preferisce sottolinearne, quasi affettuosamente, limiti e frivolezze, in fondo anche lui ne fa parte.
La vicenda si potrebbe riassumere brevemente nella storia di due giovanotti, Algernon e Jack, e due giovani donne, Cecily e Gwendolen, che si amano, ma il cui amore è contrastato dai ritmi, dalle convenzioni, dalle rigidità della società a cui appartengono, e in parte dalle bugie che i due giovani uomini raccontano. Ambedue, infatti, fingono di chiamarsi Ernest per coprire alcune piccole libertà che si prendono.
La parte finale della commedia si svolge nella casa di campagna di Jack dove, in un modo o nell’altro, si ritrovano tutti i protagonisti e dove ci si avvia alla conclusione.
Giganteggia qui la figura di Lady Augusta Bracknell, madre di Gwendolen , l’amata di Jack, e zia di Algernon. La gentildonna si rifiuta di concedere la mano della figlia a una persona, Jack appunto, della cui origine non si sa nulla, trattandosi di un trovatello, raccolto in una borsa su un treno dal signor Worthing, che poi lo ha generosamente adottato.
Nell’ampio salone compare, e non poteva mancare, il canonico del luogo, il dottor Chasuble, il quale assicura essere tutto pronto per il battesimo. Cito:
Lady Bracknell: Il battesimo? Non le pare prematuro?
Naturalmente Lady Bracknell fraintende. Sono i due giovanotti che hanno richiesto di essere ribattezzati, in quanto una delle due giovani donne insiste per sposare solo un uomo che si chiami Ernest. Che da una parte è nome proprio, ma suona come la parola earnest che significa franco, onesto, mentre i due giovani hanno raccontato un sacco di bugie. Proseguiamo:
Chasuble: Entrambi i due gentiluomini hanno manifestato il desiderio di un immediato battesimo.
Lady Bracknell: Alla loro età? L’idea è grottesca e irreligiosa. Algernon, ti proibisco di essere battezzato. Non voglio sentire di simili eccessi. Lord Bracknell sarebbe molto dispiaciuto se sapesse che questo è il modo in cui sprechi il tuo tempo e il tuo denaro.
A questo punto il sacerdote fa per allontanarsi dicendo di avere appuntamento con una parrocchiana, Miss Prism.
Lady Bracknell: (molto sorpresa) Miss Prism? Sbaglio o ha accennato a una certa Miss Prism?
Chasuble: Sì, Lady Bracknell, sto appunto andando da lei.
Lady Bracknell: Mi permetta di trattenerla per un istante. La cosa può rivelarsi di vitale importanza per Lord Bracknell e per me. E’questa Miss Prism una femmina di aspetto ributtante, remotamente collegata all’educazione?
Chasuble: (con una certa indignazione) E una donna tra le più colte e il vero ritratto della rispettabilità.
Lady Bracknell: Si tratta ovviamente della stessa persona…Malgrado quello che sento di lei, devo vederla immediatamente.
Che il battesimo sia irreligioso lo poteva dire solo Wilde, insieme a una pesante ironia sull’istruzione e sul credito da attribuire al vecchio canonico. Nel frattempo entra in scena Miss Prism.
Lady Bracknell: (in tono severo, inquisitorio) Prism! Vieni qui, Prism! (Miss Prism a testa china per la vergogna) Prism! Dov’è quel bambino? (Sconcerto generale… Il canonico arretra spaventato. Algernon e Jack fingono di voler proteggere Cecily e Gwendolen dagli orrori di un possibile scandalo)
Non è inutile qui ricordare come il mondo vittoriano considerava i bambini. Innanzitutto devono comparire solo all’interno di un solido e regolare contesto famigliare. Poi i bambini sono ribelli, istintivi, imprevedibili, non sempre stanno alle regole, quindi rompono gli schemi del mondo adulto. Il mondo vittoriano borghese tiene lontani i bambini. Lady Bracknell prosegue:
Lady Bracknell: Ventotto anni fa, Prism, hai lasciato la casa di Lord Bracknell, in via Upper Grosvenor, numero 104, e ti fu affidata una carrozzina che conteneva un bambino, un maschio, Non sei più tornata. Qualche settimana dopo, grazie alle accurate ricerche della Polizia Metropolitana, la carrozzina fu ritrovata a mezzanotte, vuota, in un angolo remoto di Bayswater. Conteneva il manoscritto di un romanzo in tre volumi di più del solito ributtante sentimentalismo. (Miss Prism ha un moto di involontaria indignazione.) Ma il bambino non c’era. (Tutti guardano Miss Prism.) Prism! Dov’è quel bambino?
Miss Prism: Lady Bracknell, ho vergogna ad ammettere che non lo so. Vorrei tanto saperlo. I fatti sono semplicemente questi. La mattina del giorno in questione, giorno da sempre impresso nella mia memoria, mi sono preparata per uscire come al solito con la carrozzina e il bambino. Avevo con me anche una borsa, vecchia ma capiente, in cui avevo voluto riporre il manoscritto di un romanzo che avevo scritto nelle mie rare ore di libertà. In un istante di distrazione, di cui non potrò mai perdonarmi, deposi il manoscritto nella carrozzina e il bambino nella borsa.
A questo punto la cosa si fa interessante per Jack, che è un trovatello. Gli viene qualche dubbio:
Jack: Miss Prism, questo è molto importante per me, Insisto nel voler sapere dove ha lasciato la borsa che conteneva il bambino.
Miss Prism: Nel guardaroba di una delle maggiori stazioni ferroviarie di Londra.
Jack vola in camera sua, non prima di aver salutato l’amata Gwendolen, chiedendole di aspettarlo, e la risposta è,
Gendolen: Se non ci metterai troppo tempo, ti aspetterò tutta la vita.
E qui, a mio parere, non siamo pià nel campo dell’humour, del guizzo d’ingegno che muove al riso, qui entriamo nel campo del nonsense, una qualità di umorismo di cui i britannici vanno fieri. La frase di Gwendolen è perfetta, chiara, è quello che ci si attende da lei, ma qualcosa non va. Entriamo nel campo del nonsense. Qualcosa che appare come realtà, tutto fila nella frase, ma qualcosa è di troppo, può muovere al riso, alla sorpresa, all’attesa, è un paradosso. Tipico dello spirito britannico il nonsense è tutto questo. Un esempio per chiarire il nonsense sono i famosi limerick, composizioni rigidamente strutturate per numero dei versi, delle sillabe, delle rime, un esempio:
There was a young lady fron Niger
Who smiled as she rode on a tiger,
they came back from the ride
with the lady inside
and the smile on the face of the tiger
(trad.: C’era una giovane donna di Niger, che sorrideva cavalcando una tigre, tornarono dalla cavalcata con la donna dentro, e il sorriso sul muso della tigre).
E’ chiaro che qui quello che muove al sorriso, invero un po’ macabro, è la parola inside, dentro, mentre nella frase di Gwendolen è il contrasto impossibile tra “fare in fretta” e “tutta la vita”.
Ma proseguiamo nella lettura. Jack è salito nella sua camera, da sotto si sentono rumori di oggetti spostati in modo frenetico. L’attesa è lunga, tutti sono sconcertati e il senso del loro disagio viene ancora una volta riassunto da quella perfetta dama vittoriana che è Lady Bracknell:
Chasuble: Ma che significa tutto questo?
Lady Bracknell: Non oso neppure sospettarlo, dr: Chasuble. Non c’è bisogno che le dica che in famiglie di una certa posizione strane coincidenze non sono previste. Vengono considerate fuori luogo.
Ricompare Jack con in mano una borsa di pelle nera.
Jack: (correndo verso Miss Prism) E’ questa la borsa, Miss Prism? La controlli bene prima di parlare. La felicità di più di una vita dipende dalle sue risposte.
Miss Prism: (con calma) Sembra la mia. Sì, ecco lo strappo avvenuto quando si è ribaltato un omnibus in Gower Street. E qui la macchia sulla fodera causata dallo scoppio di una bottiglia di gazzosa, un incidente avvenuto a Leamington. E qui, sulla chiusura, le mie iniziali…
E’sicuramente la mia borsa. Sono lieta che, in modo così inatteso, mi sia restituita…
Jack: (in tono patetico) Miss. Prism, ben di più le viene restituito, io ero il bambino nella borsa.
Miss Prism: Lei?
Jack: (abbracciandola) Sì…Mamma!
Miss Prism: (indietreggiando con stupore e indignazione) Signor Worthing, io non sono sposata.
Jack: Nubile! Non nego che questo sia un brutto colpo. Ma dopotutto, chi ha il diritto di scagliare una pietra verso chi ha tanto sofferto? Il pentimento non può cancellare un atto di follia? Perché ci dovrebbe essere una legge per gli uomini e un’altra per le donne? Mamma, ti perdono.
Miss Prism: ancora più indignata) Signor Worthing, c’è un errore. (indicando Lady Bracknell.) Ecco la signora che può dirle chi lei è davvero.
Jack: (dopo una pausa) Lady Bracknell, non vorrei sembrare troppo curioso, ma vorrebbe gentilmente informarmi su chi io sia?
Lady Bracknell: Temo che la notizia che ho da darle non le piacerà. Lei è il figlio della mia povera sorella, Lady Moncrieff, quindi il fratello maggiore di Algernon.
Ritrovata una famiglia, recuperata un’origine, tutto sembra potersi concludere felicemente. Ma sorprendentemente resta un ultimo ostacolo:
Gwendolen: Mio caro: Ma che caro sei tu? Qual è il tuo nome, ora che sei diventato un altro?
Jach: Oh santo cielo… Me ne stavo dimenticando. La tua decisione a riguardo del mio nome è irreovocabile, suppongo?
Gwendolen: io non cambio mai, tranne nei miei affetti.
Cecily: Che nobile natura la tua, Gwendolen!
Jack: Allora faremmo meglio a chiarire subito la questione. Zia Augusta, un momento. Al tempo in cui Miss Prism mi ha lasciato nella borsa, ero già stato battezzato?
Lady Bracknell: Ogni lusso che il denaro poteva ottenere, battesimo incluso, era stato profusamente versato su di te dai tuoi affezionati e ricchi genitori.
Jack: Quindi sono stato battezzato. Questo è un fatto. Ora, che nome mi fu dato? Sono pronto a tutto.
Lady Bracknell: Essendo il primogenito, naturalmente ti fu dato il nome di tuo padre.
Jack: (irritato) Sì, ma qual era il nome di mio padre?
Lady Bracknel: (pensosa): Al momento non mi viene in mente il nome del Generale. Ma non ho dubbi che ne avesse uno. Ammetto che era eccentrico. Ma solo in tarda età. E questo a motivo del clima indiano, del matrimonio, del mal di stomaco e di altre cose del genere.
Jack: Algy! Tu lo ricordi il nome di nostro padre?
Algernon: Mio caro ragazzo, non ci siamo mai parlati molto. E’morto prima che avessi un anno.
Jack: Il suo nome dovrebbe essere nell’elenco dell’esercito di quel tempo, non credi zia Augusta?
Lady Bracknell: Il Generale era essenzialmente un uomo di pace, tranne nella vita in famiglia. Ma non ho dubbi che il suo nome appaia in qualunque annuario militare.
Jack: Ecco qui gli annuari degli ultimi quarant’anni. …(si precipita verso la libreria e ne prende un volume) M. Generali…Mallam, Maxbohm, Magley—che nomi impossibili—Markby, Migsby, Mobbs, Moncrieff! Tenente 1840, Capitano, Tenente Colonnello, Colonnello, Generale 1869, nomi di battesimo Ernest John. (Ripone il volume con molta calma e con la stessa calma,) Non ti ho sempre detto, Gwendolen, che il mio nome era Ernest? Bene, dopo tutto è Ernest, voglio dire, naturalmente è Ernest.
Lady Bracknell: Sì, ora ricordo che il generale si chiamava Ernest. Sapevo che c’era una qualche ragione per cui quel nome non mi piaceva.
Gwendolen: Ernest, mio Ernest! Fin da subito ho sentito che non potevi avere altro nome!
Jack: Gwendolen, è terribile per un uomo scoprire che per tutta la vita non ha detto altro che la verità. Potrai perdonarmi?
Gwendolen: Lo potrò, perché sento che cambierai.
Eccoci ora alla fine, i giovani possono coronare i loro sogni nella cornice della rispettabilità vittoriana. In questi tempi così bui, come forse lo sono tutti i tempi, la lettura di una commedia come questa, nel silenzio della propria camera e comodamente seduti, certamente regala qualche momento di serena ilarità, anche di frivolezza, se vogliamo, e questa era l’intenzione di Wilde.
NB: su Youtube si trovano molti video della commedia. In inglese e in italiano.
A cura di:
Marco Grampa
Laurea in Lingue e Letterature moderne presso IULM di Milano. Insegnante al Liceo Classico Crespi di Busto Arsizio per 20 anni, per otto anni presso il Liceo Scientifico Tirinnanzi di Legnano, dove ha operato come senior manager per scambi culturali con istituti australiani, portoghesi e USA.
Traduttore di opere soprattutto di carattere letterario da paesi di lingua inglese, in particolare africani.
Autore di racconti e brevi saggi per riviste locali.