Sulle onde della libertà

AUTORE: Nicoletta Bortolotti

EDIZIONI: Mondadori Oscar

TARGET: dai 10 anni

Mi chiamo Mahmud e abito in un posto che dicono terra di tutti e di nessuno. O anche prigione a cielo aperto. Ma il suo vero nome è Gaza City”: sin dall’incipit incontriamo il giovane protagonista/narratore e la sua terra. Egli è palestinese e adora il surf e come lui anche Samir, israeliano, nutre la stessa passione. La storia, le origini, i popoli cui appartengono li vorrebbero distanti, addirittura nemici, ma il surf li avvicina, gli stessi sogni li uniscono, e il mare lungo una striscia di terra tanto contesa  diventa per loro lo spazio in cui poter essere liberi e amici.

Ispirato ad una storia vera, il libro racconta l’amicizia tra due ragazzini cresciuta sulle onde del mare  di Gaza – paradiso dei surfisti – sotto la guida di Bill, un insolito ma carismatico maestro di surf.  Dietro di lui si nasconde la leggendaria figura di Dorian “Doc” Paskowitz, nella cui vicenda si è imbattuta casualmente l’autrice; giunto negli anni ’70 dalla California con moglie e figli, forzando il blocco militare israeliano Doc è riuscito a far arrivare sulla Striscia di Gaza quindici nuove tavole da surf, affinchè i giovani appassionati israeliani e palestinesi potessero divertirsi e sfidarsi sulle onde. Era questo il progetto “Surfing for Peace”, promosso dallo stesso Paskowitz: “ Non fate la guerra, fate il surf” era il suo motto, e ancora: “Se i ragazzi possono fare surf insieme, possono anche vivere insieme!”

Così la vicenda di Mahmud e Samir si snoda sullo sfondo della guerra – quella vera, così diversa da quella del ‘game boy’, l’oggetto cult di Mahmud - e ci fa conoscere in modo delicato, ma non banale né superficiale, la situazione drammatica degli abitanti della Striscia, permettendo così ai ragazzi di calarsi nei panni dei coetanei protagonisti, e di vedere  attraverso i loro occhi la dolorosa realtà in cui vivono tanti minori, a Gaza e in altre zone del mondo travagliate da conflitti più o meno noti. Colpisce però in questi ragazzi la capacità di resilienza: come tanti giovanissimi, essi possono subire traumi inimmaginabili pur conservando, nonostante tutto, la voglia di divertirsi, di ridere, di vivere, e di difendersi così dal male che li circonda.    Alla fame di vita e di libertà appartiene la passione per il surf, che accompagna tutta la narrazione, quasi un co-protagonista essenziale più che uno sfondo: è infatti con il surf che Mahmud e Samir iniziano a conoscersi, poi cominciano a diventare piccoli uomini e insieme amici, e infine proprio grazie a questo sport si accorgono che “ci sono cose più importanti del surf”, come da loro impara anche il maestro/allenatore Bill.                                                    Attraverso questo breve romanzo, il surf, qui anche metafora di aspirazioni profonde del cuore umano – bellezza, libertà, gusto del vivere – viene spesso avvicinato dai nostri giovani lettori per la prima volta, dato  che è una disciplina molto più nota negli USA o in Australia che in Europa, e non di rado li affascina subito, anche grazie alla scelta dell’autrice di farne un fil rouge  della narrazione: infatti ogni capitolo si apre con la piccola immagine stilizzata  di una figura del surf, seguita da una “parola chiave” a titolo del capitolo stesso ( rabbia, carri armati, onda…), poi commentata  con qualche nesso rispetto al surf,  o addirittura spiegata insieme a termini specifici della disciplina (il take off, il turtle roll…). E non manca neppure, in conclusione, la Preghiera del surfista!

Le pagine scorrono via veloci, tra appuntamenti in spiaggia, lezioni di surf e di vita, a terra e sulle onde, e flash-back in cui la Storia irrompe nella storia particolare, ma non meno importante dell’altra, di Mahmud e Samir. Nel corso della vicenda narrata, con grande naturalezza l’autrice sa far apprezzare il valore educativo dello sport nella formazione di individui capaci di “fare la pace”; nei dibattiti cui spesso ella partecipa nelle scuole, i ragazzi stessi mettono in evidenza i valori veicolati dalle discipline sportive: il rispetto per l’altro, compagno o avversario che sia, la lealtà, la condivisione nel gioco di squadra, l’imparare ad accettare i propri limiti ma anche a migliorarsi, la competizione pacifica…   E lei ama concludere:” Se alcuni potenti della Terra governassero secondo le regole che i bambini imparano nello sport, forse ci sarebbero meno conflitti nel mondo, e meno ingiustizie”.

Infine un’ulteriore osservazione: non vanno trascurate, soprattutto con i lettori più grandi, le appendici del libro, che forniscono una breve serie di note storiche sulla Palestina, lo Stato d’Israele, la Striscia di Gaza, e sulle difficili condizioni di vita quotidiana in un Paese occupato; interessanti anche le ultime pagine (“Dal Mediterraneo ad Hollywood…” e “Il surf diventa sport agonistico”) perché offrono diversi spunti di approfondimento con la classe. 


A cura di:           

LAURA BELLAVITE è nata a Milano nel 1955. Qui laureata alla Cattolica, poi insegnante di lettere nella secondaria di I grado – per quindici anni nell’hinterland milanese, a Quarto Oggiaro, poi in zona Fiera-Sempione – attualmente , da ‘pensionata’, continua l’impegno in ambito educativo/didattico come volontaria presso la onlus PORTOFRANCO, centro di aiuto allo studio rivolto a studenti delle superiori. Collabora altresì con un doposcuola parrocchiale e nella gestione della Biblioteca nell’istituto statale in cui ha insegnato fino al 2017.

                          

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