PERCHE' SANREMO E' SANREMO?

2 febbraio 2024

Attenzione al punto di domanda del titolo: se lo mettiamo in fondo al testo del vecchio jingle cantato dai coristi dell’orchestra, l’affermazione perentoria diventa una interessante domanda. Cosa c’è dietro e davanti al più importante appuntamento musicale dell’anno (ed è vero che è così)? Proviamo a dare qualche linea di risposta.

Fra le rare volte in cui ancora vado in edicola c’è quella in cui acquisto, la settimana prima del Festival, il numero di Sorrisi e canzoni TV con tutti i testi delle canzoni di Sanremo. “Ma sono tutti reperibili on-line”, starete subito pensando voi. Verissimo, tuttavia per me (ed anche per i miei figli), è questo una specie di rito. Per motivi ovviamente diversi, ma forse il Festival di Sanremo è l’unico appuntamento che ancora attraversa un po’ le generazioni. In certi casi anche qualche Talent show ha questo effetto, ma oggettivamente meno. E allora mi piace, per questo nostro approfondimento, provare a mettere in luce alcune delle dinamiche presenti là, ed in questo modo fare una veloce fotografia – forse più una bozza, uno schizzo – di quali sono tendenze e movimenti presenti nella musica, in Italia.

C’è un piccolo problema, però: al momento in cui scrivo il Festival non c’è ancora stato. Ma è proprio questa la sfida, provare a leggere un po’ di dati che si stanno manifestando per dare una griglia interpretativa a quello che sta per accadere. Poi il resto del lavoro lo fate voi (ed io mentre guarderò il Festival). Ci provo, provando ad andare con ordine.

1 – È quella del 2024 la quinta edizione sotto la direzione artistica e la conduzione di Amadeus (e del suo staff). Questo dato è sicuramente legato al fatto che la cosa funziona: quello che interessa di più in televisione, non inganniamoci, sono gli ascolti – e la conseguente cospicua raccolta pubblicitaria. Questo è il motivo principale di questa reiterata presenza. Ad Amadeus bisogna dare poi il merito di aver aperto tantissimo le porte alla musica più giovane, diciamo alle varie anime che vivono nel presente, riducendo moltissimo – diciamo – la quota di artisti ‘storici’, che invece fino a non molto tempo fa rappresentava la parte più numerosa dei cantanti. Per dire, quelli come i Ricchi e Poveri, Fiorella Mannoia, Loredana Bertè, fra quelli presenti quest’anno. 

2 – Lo ripeto: davvero imponente la presenza di artisti giovani, solo per citarne alcuni Rose Villain, Maninni, Il Tre, Big Mama, e andate avanti voi con Sorrisi e Canzoni… Giovani anagraficamente, ma anche artisticamente, e questo fa emergere un altro dato assolutamente da sottolineare. Mi prendo un minuto.

Spesso nel parlare di queste ‘nuove leve’ con persone diciamo di una certa età, scatta subito la reazione “e questo/a chi diavolo è?” (per essere gentili nel linguaggio). È un giochino che non vale fare, soprattutto in un’epoca in cui, con due ditate sul telefono, chi è lo sai!

Però al tempo stesso sono vere secondo me due cose: grazie ai social, la velocità con cui un artista viene alla ribalta è negli ultimi anni cresciuta esponenzialmente rispetto al passato. E a questo non sempre corrisponde uno spessore (artistico ed umano) e di conseguenza una possibile durata. Solo il tempo e la consistenza di quello che verrà proposto potranno dare una risposta. 

3 – Da più parti si sono messi in luce due fenomeni sicuramente presenti, il primo dei quali è che, essendo Sanremo l’unica vetrina veramente importante dell’anno (ricordiamolo, in tempi in cui non si parla più di vendere CD, ma di streaming, che pagano molto, ma molto meno), c’è sicuramente anche una logica di spartizione fra le cosiddette ‘Major’, cioè le case discografiche (o quello che ne è rimasto) più importanti, diciamo il mainstream. Anche nella serata dedicata ai duetti, salvo alcune occasioni in cui le collaborazioni sono sentite, spesso si mettono insieme artisti della stessa scuderia, magari includendo qualcuno che non è riuscito ad entrare in competizione. Ma questa è una storia vecchia, tutto sommato sempre presente, forse oggi un po’ di più, visto che le vacche si sono smagrite.

4 – il secondo fenomeno, evidenziato da un paio di critici musicali particolarmente attenti, è quello riguardante il fatto che molte delle canzoni presentate sono scritte dagli stessi autori (tredici su trenta canzoni, ad occhio, quasi la metà). Questo evidentemente porta ad una certa uniformità in molte delle proposte, tanto da far pensare ad alcuni che ci sia in questo della premeditazione… Io non mi spingo a tanto, però se un dato non è necessariamente una prova, in ogni caso fa riflettere.

5 – Ultima questione, sempre legata al fatto che ciò che ruota intorno a Sanremo è una torta appetitosa: oltre a ‘sempre gli stessi’ del punto precedente, alcune delle canzoni presentano un numeroso gruppo di autori per canzone. È questo il segno che non potendo più avere chissà che proventi dalla vendita delle canzoni, almeno ci si accaparrano i diritti dei passaggi televisivi e radiofonici, che comunque in questi casi sono consistenti.

Ma adesso basta: e le canzoni? Allora, non si può fare qui una disamina puntuale di tutti i pezzi presentati. Torno a consigliarvi Sorrisi e canzoni TV, che sopra ogni testo propone una breve scheda dell’artista e riassume il tema della canzone. La musica bisognerà ascoltarla, anche se da diversi articoli letti il dato che emerge non parla di grande varietà né di grandi canzoni, pur se talvolta il primo ascolto dei critici tradisce. Diciamo che, un po’ alla maniera dei Talent show (ma che cosa è – o che cosa dovrebbe essere poi questo Festival?), sono rappresentate un po’ tutte le anime della musica italiana attuale: la canzone melodica (Diodato, Il volo e Mannoia), la nouvelle vague al femminile (Annalisa, Emma e Amoroso), l’indie (Fred De Palma e Gazzelle), il rock o l’ex-rock (Renga/Nek e i Negramaro), il rap (Ghali, Il tre e Geolier) e così via nei vari sottoinsiemi incrociati.

In ogni caso, un carrozzone imponente, che costringerà chi vorrà seguirlo a stare davanti alla televisione diverse ore: 30 concorrenti sono davvero tanti, ed anche questo fa un po’ pensare ad una scelta dettata dal ‘dover’ includere qualcuno in più, vedi dinamiche sopra. Se poi includiamo anche gli altri artisti invitati per la serata dei duetti, il tutto diventa davvero gigante, un esercito di artisti. In certi casi poi - in quella serata di venerdì che, per certi versi, è forse la più interessante – gli ospiti aggiunti sono tre per artista, o interi ensemble, cori o orchestre, c’è da chiedersi dove li metteranno tutti quanti nei camerini! Insieme, ovviamente a qualche vecchio filibustiere del palcoscenico (Cocciante, Tozzi, Rettore, il ricomparso Pino D’Angiò, Gianna Nannini, tutto sommato anche Gabbani e Malika Ayane) chiamati come rappresentanti della già citata ‘quota storica’ e che presenteranno brani e medley di sicuro effetto. Personalmente, attendo con trepidazione i Ricchi e Poveri con Paola & Chiara su Mamma Maria e Sarà perché ti amo, ma è una cosa mia.

Tirando le somme, oltre al gusto personale, che è indubbiamente imprescindibile, penso che il lavoro da fare sia sempre ascoltare con attenzione e cercare – per le competenze e gli interessi di ognuno – di cogliere dove si può manifestare un po’ di bellezza, dove invece si trova solo una canzone fatta ad arte per andare su tiktok (aperta parentesi, proprio in queste ore la Universal, una delle major, ha tolto a tiktok la possibilità di usare musica dei propri artisti), dove possa emergere qualche artista vero e profondo e dove c’è solo superficie, dove c’è stoffa e dove magari solo ‘effetto nostalgia’. Occhi e orecchie aperte dunque, e verifichiamo se Sanremo è sempre Sanremo!

Walter Muto

20 febbraio 2024

Cosa resterà di questo Festival?

Dopo aver dato delle semplici chiavi interpretative prima della kermesse canora, proviamo a fare brevemente un consuntivo di cosa è accaduto a Sanremo: soprattutto le canzoni, ma anche ospiti, costume e polemiche.

 

Tutto è compiuto, ma dopo diversi giorni ancora se ne parla, di Sanremo, sia della musica che è passata sul palco, ma anche di tutto l’indotto, il circo mediatico che si è scatenato, le varie dichiarazioni più o meno a fuoco e più o meno fuori luogo. Provo a fare alcune sintetiche considerazioni per tirare un po’ le fila.

  • Sicuramente è stata una trasmissione che ha raccolto quanto ha seminato: record assoluto di ascolti, giovani che sono tornati davanti alla televisione, grandi discussioni a molti livelli. Nel fare qualche riflessione, a mio avviso, non bisogna mai dimenticarsi che stiamo (ormai da anni) parlando di una trasmissione televisiva, che in quanto tale ha le sue leggi, riassumibili in: artisti rappresentativi di tanti mondi = record di ascolti = maggiori incassi dalla pubblicità. Dimenticare questo significa non mettere a fuoco bene lo scenario.
  • Questo punto di partenza fa sì che, accanto ad artisti con già una carriera alle spalle (lunga o breve che sia), vengano scelti cantanti che già hanno una certa popolarità nei vari ambiti social, affidando a molti di essi (lo dicevamo già nel primo articolo) canzoni scritte da un pool di autori che vanno per la maggiore.
  • Detto questo, passiamo ad analizzare sommariamente lo scenario delle canzoni presentate: ci sono molti brani molto simili l’uno all’altro, in genere il livello delle canzoni è notevolmente appiattito, pur essendo sicuramente dei brani che si ascolteranno tanto nei mesi a venire. Si è quasi completamente persa la dimensione del festival come gara canora, come descrive bene questo articolo di Patrizio Ruviglioni pubblicato sulla newsletter dell’Internazionale.
  • Ad appiattirsi su quello che il pubblico vuole sentire, si cade spesso nel cliché “squadra che vince non si cambia” e questo è accaduto, come citato nell’articolo di Ruviglioni, a molti degli artisti presenti, fra i quali Annalisa, Emma, The Kolors, un po’ anche Mahmood (molto più consistente nella serata covers dove ha proposto Com’è profondo il mare di Dalla) ed anche altri. Nei casi citati si è assistito al fenomeno di ricantare un po’ sempre la stessa canzone: stessi temi, stesso stile, stesso arrangiamento.
  • Potremmo aggiungere alla precedente osservazione che in questo modo anche chi propone e produce i pezzi ha sempre meno coraggio nel rischiare proposte che si scostino un po’ dal cosiddetto mainstream. Il pop c’è sempre stato, ma forse raramente è stato così omologato a dei canoni comuni.
  • C’è un altro articolo che ho letto e che mi piace linkarvi, come ulteriore approfondimento possibile, quello di Giulia Cavaliere sulla newsletter Lucy sulla cultura. Qui si approfondisce la sensazione di assenza di musica non allineata al mainstream, ed insieme si mette l’accento sulla necessità di alimentare gli ascolti con polemiche, dichiarazioni ed altre amenità appartenenti al sottoinsieme “purché se ne parli”. Così è stato, per esempio, con le dichiarazioni sulla guerra Israelo-Palestinese da parte di Ghali, in questi giorni conteso da vari opinionisti televisivi come ospite nelle proprie trasmissioni.
  • C’è però anche chi ha notato aspetti positivi, come per esempio Diego Picano nel suo articolo per il sussidiario.net . Indagando specialmente gli aspetti testuali, Picano mette in luce, nella canzone della vincitrice Angelina Mango, quel senso di inquietudine già presente nella grande poesia (Leopardi, Petrarca) e che qualifica l’essere umano, con le sue domande fondamentali sul vivere. Esagerato? Ascoltare e giudicare, aiutati da chi si è paragonato a fondo con la canzone, il metodo è sempre lo stesso.
  • Altri veloci spunti: non mi è dispiaciuta affatto la canzone di Maninni, Spettacolare, che parla del rapporto con un tu che aiuta a rialzarsi nei momenti difficili. Vedremo dai prossimi brani se avremo un cantautore di spessore oppure no. Simile a questa la storia raccontata da Gazzelle in Tutto qui, potremmo dire che il rischio cliché è presente anche nel mondo cantautorale, o come si dice oggi, indie-pop. Deludenti invece a mio parere alcuni dei veterani, presenti con canzoni piuttosto stereotipate: Renga e Nek, i Ricchi e Poveri, forse un po’ meglio Diodato e Il volo, ormai annoverabili anch’essi fra i veri big, con più grinta ma un po’ a recitare sempre lo stesso copione la Bertè.
  • Infine ha fatto molto parlare la presa di posizione di Sangiovanni, che a pochi giorni dalla fine del Festival (e non per il piazzamento molto in basso nella classifica, ha dichiarato), ha annunciato di voler prendere un periodo di stop, per rimettersi a posto dal punto di vista mentale e fisico. Annullati l’uscita dell’album ed un concerto (peraltro abbastanza in là nel tempo), previsto per il prossimo ottobre al Forum di Milano. Senza voler fare sociologia da quattro soldi, forse però è questo il segnale di un sistema che non tutti reggono, che esige visibilità e ritmi non sostenibili da tutti.

Walter Muto


 A cura di:

WALTER MUTO, laureato in Lettere e con i più vari studi musicali alle spalle, decide di dedicarsi prima con grande passione e poi come lavoro alla musica, in particolare a quella leggera. La sua occupazione è fare musica, parlarne e scriverne a 360 gradi.  Oltre ad aver scritto diversi libri e curare una rubrica per il mensile Tracce, collabora da 35 anni agli spettacoli musicali per ragazzi della Sala Fontana di Milano, produce spettacoli insieme a Carlo Pastori e negli ultimi anni si dedica a progetti musicali per il sociale,
con una attività al Carcere di San Vittore ed una in due residenze per disabili psichici. 
Più info su www.waltermuto.it  

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