Here If You Listen

AUTORE: David Crosby

EDIZIONI: BMG – 2018

In questo 2019 appena cominciato fra i vari anniversari celebreremo anche i 50 anni del Festival di Woodstock, rimasto nell’immaginario collettivo come un momento in cui il sogno (per non dire utopia) di pace e libertà aveva trovato una seppur momentanea realizzazione. Non si può riassumere in poche righe cosa quel concerto durato tre giorni abbia rappresentato: sarà uno dei temi da qui al 15 agosto, giorno in cui avrà luogo una riedizione del Festival con alcuni degli artisti presenti allora ed altre star internazionali.
In 50 anni il mondo è molto cambiato, il folk rock - che in quegli anni diventò sinonimo di contestazione, ribellione al sistema, slancio di libertà (a volte legato al triste accessorio del consumo di droghe) – ormai da anni è stato scavalcato da altri generi musicali, pur mantenendo (soprattutto negli Stati Uniti) una sua dignità e interfacciandosi con altri mondi musicali. C’è nel mondo Nordamericano (includiamo anche il Canada, non dimenticando che Joni Mitchell e Neil Young da lì provengono) un folto stuolo di giovani che mantengono il legame con le tradizioni, con gli strumenti acustici, insomma con un mondo sonoro simile a quello dei loro padri musicali all’interno del quale scrivono le loro nuove canzoni.
Ed è proprio una band molto giovane che accompagna uno degli alfieri assoluti del mondo di Woodstock e del folk rock nordamericano nel suo ultimo lavoro: sto parlando di David Crosby. Qualche riga necessaria dedicata alla sua storia. Classe 1941, poco più che ventenne Crosby approda già ad un certo successo con i Byrds, band californiana che esplode anche grazie ad una cover acida e psichedelica di Mr. Tambourine Man di Bob Dylan. Poco prima di Woodstock nasce il sodalizio con Graham Nash e Stephen Stills, con cui si esibirà nel famoso festival esplodendo a livello mondiale. A loro qualche anno dopo si aggiungerà anche Neil Young, rendendo il quartetto un vero e proprio super gruppo (come veniva chiamato allora). Già nel 1970 però (oltre a produrre il primo album di Joni Mitchell) Crosby aveva pubblicato un album solista, If I Could Only Remember My Name, che lo identificò subito come il più visionario fra i suoi soci, e al tempo stesso ferrigno antagonista del sistema e rocker di razza. Non dimentichiamo che era una sua composizione (scritta a quattro mani con Stills) anche l’aspra Long Time Gone, divenuta sigla del film dedicato a Woodstock e ambientata in uno scenario post-nucleare, dopo la catastrofe che in quegli anni si temeva potesse accadere. Peraltro già alla fine degli anni ’80 nella bellissima e disillusa canzone Tracks In The Dust dichiarava che tutte quelle finte speranze hippie erano state solo una stampella, orme nella sabbia che presto si erano cancellate. Guardando adesso gli anni succeduti a quella canzone, solo la riscoperta degli affetti familiari, il matrimonio con una nuova compagna ed il prendersi cura della sua salute hanno permesso a David Crosby di riprendersi in mano e rimettere in sesto vita e carriera.
Ma non si possono dettagliare nemmeno 50 anni di carriera in poche righe; basti considerare che fra alti e bassi, condanne per possesso di droghe e periodi in carcere, tour mondiali e produzioni andate peggio, David Crosby resta più o meno saldamente in sella fino ad oggi. Una delle formazioni più riuscite, ormai un ventennio fa, è quella in cui suona con un grande chitarrista, Jeff Pevar e un tastierista ed arrangiatore straordinario, David Raymond, che è un suo figlio naturale dato in adozione anni prima. Sfornano alcuni album e concerti di grande qualità, sotto l’acronimo di CPR (Crosby, Pevar & Raymond), che tanto ricorda il CSN (Crosby, Stills & Nash) coniato un trentennio prima. Un’altra compagine con cui invece sta lavorando da qualche anno è quella formata da due giovani cantautrici, ognuna con la propria carriera solista, Michelle Willis e Becca Stevens, e dal bassista-arrangiatore-produttore-super-musicista Michael League, leader di un progetto straordinario, una specie di orchestra-collettivo, intreccio di mondi musicali nato nell’Università del Texas che si chiama Snarky Puppy, uno dei fenomeni musicali più di rilievo degli ultimi anni e di cui magari parleremo in una prossima occasione.  

Con questa strana e ricca compagine Crosby ha già pubblicato un album nel 2016, il bellissimo Lighthouse, ed ha bissato con l’uscita a fine ottobre 2018 di Here If You Listen. Il singolo di lancio dell’album si intitola Glory e fa capire la cifra più caratteristica di questo lavoro: voci ed arrangiamenti raffinati si incastrano, disegnando un mondo sonoro che mescola molte radici. Il resto dei brani dell’album sono tutti all’altezza di questo piccolo capolavoro, brani certo a cui occorre dare attenzione ed ascolto per poterne cogliere la delicata costruzione. E guarda un po’: l’album termina proprio con una cover di Woodstock, la celeberrima canzone scritta da Joni Mitchell, che a Woodstock non andò – scoprite voi perché! – ma che fotografò benissimo in questa istantanea quell’epoca, i suoi fremiti, le ansie ed i protagonisti di quella generazione.

E il cerchio si chiude, buon ascolto!


 A cura di:

WALTER MUTO, laureato in Lettere e con i più vari studi musicali alle spalle, decide di dedicarsi prima con grande passione e poi come lavoro alla musica, in particolare a quella leggera. E’ insegnante al CPM di Milano, coadiutore di Franco Mussida. Ha realizzato, in tutti questi anni, tutta una serie di spettacoli con Carlo Pastori.

 

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