Arte
CASE E PALAZZI PER L’ARTE:
IL MUSEO BAGATTI VALSECCHI E LA TRIENNALE DI MILANO.
SEICENTO EMILIANO E GAE AULENTI
Siamo all’inizio dell’anno scolastico, nel momento in cui tutti devono riscaldare i motori per la nuova partenza e i docenti pensano alla programmazione, anche delle visite didattiche, che quest’anno, a Milano, potrebbero essere numerose, se gettiamo uno sguardo alla programmazione di Palazzo Reale: tra settembre ed ottobre apriranno le mostre su Edvard Munch, Pablo Picasso, Entico Baj e Ugo Mulas, solo per citare alcune delle figure più interessanti dell’arte e della fotografia di cui si potrà approfondire la conoscenza. Al Mudec, dal 12 ottobre, potremo visitare una mostra che racconterà le vicende dell’Art brut e di uno dei suoi massimi rappresentanti, Jean Dubuffet, ma tutto questo sarà sicuramente oggetto dei prossimi articoli. Per ora, vi propongo due mostre, in due luoghi storici della città, in cui architettura, allestimenti e opere sono strettamente integrati e offrono molti spunti di lavoro in classe, dal collezionismo alle vicende dell’architettura e del design moderni e contemporanei.
Il primo luogo è la CASA-MUSEO BAGATTI VALSECCHI in via Gesù (aperta Mer 13:00–20:00, Gio – Ven 13:00–17:45, Sab – Dom 10:00–17:45), frutto del collezionismo dei baroni Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi che, dalla fine dell’Ottocento, si dedicarono alla ristrutturazione della dimora di famiglia, per collocarvi i preziosi dipinti e manufatti d’arte applicata quattro-cinquecenteschi che dovevano connotare il loro palazzo signorile, ispirato alle abitazioni del Cinquecento lombardo. La visita ha un doppio scopo: osservare le opere collezionate dai due fratelli, inseriti in un contesto storico, come quello ottocentesco, in cui le “ricostruzioni in stile” coinvolgono molte città italiane, e conoscere alcuni capolavori dell’arte emiliana di proprietà della banca Credem, difficilmente visibili al pubblico.
La piccola, ma preziosa mostra, dal titolo Lo sguardo del sentire. Il Seicento emiliano dalle collezioni d'arte Credem, aperta fino al 10 novembre 2024, presenta, tra le altre, opere di Camillo Procaccini come un S. Pietro colto nel drammatico momento della presa di coscienza del tradimento (1) e di Guido Reni (2) con un monumentale Mosè, nell’atto di gettare a terra le tavole della Legge, sdegnato per il comportamento degli ebrei.
1. C. Procaccini, La negazione di Pietro, 1620-25, olio su tela, 155x112 cm
2. G. Reni, Mosè con le tavole della Legge, 1625, olio su tela, 175x136 cm
I dipinti hanno un evidente accento drammatico, sia perché ben documentano lo spirito del XVII secolo, soprattutto nei primi decenni in cui dopo lil periodo post-tridentino, si apre la stagione del Barocco, sia perché gli autori sono tra i più abili a rendere quello “sguardo del sentire” indicato nel titolo della mostra e che connota molta arte emiliana.
Ma è un dipinto di Alessandro Tiarini a documentare con ancor maggior forza il pathos ed il realismo della pittura di stampo carraccesco che influenzarono l’artista: la Deposizione (3) racconta l’episodio sacro in una dimensione del tutto umana e quotidiana, i cui ogni personaggio è impegnato ad accudire il corpo morto del Cristo. Particolarmente efficace è il gesto d Nicodemo che strizza la spugna con cui lo sta detergendo. L’equilibrata composizione, memore di soluzioni tardo manieriste e caravaggesche, porta le figure vicino a chi guarda quasi per chiedere una partecipazione all’evento.
3. A. Tiarini, Deposizione, 1612-13, olio su tela, 165x207 cm
La casa museo milanese sostiene anche il restauro delle opere del Museo Zauli di Faenza colpite dall’alluvione il 16 maggio del 2023 (i visitatori posso lasciare un contributo). Le otto sculture di Carlo Zauli, uno dei più importanti scultori ceramisti italiani ed europei del XX secolo, testimoniano le innovazioni introdotte nell’arte ceramica e nella produzione di maioliche e porcellane, con opere non figurative e di sicuro impatto emotivo.
GAE AULENTI (1927-2012)
Il Palazzo della Triennale ospita, fino al 12 gennaio 2025, la prima grande retrospettiva sulla storia – umana e personale – di Gaetana Emilia (Gae) Aulenti (Palazzolo dello Stella, 1927 – Milano, 2012), architetto e designer di fama mondiale che, in oltre sessant’anni di carriera, ha lavorato in numerosi ambiti: progettazione degli interni, scenografia teatrale, design e grafica, sollo per citare i più importanti. La mostra è accompagnata da una serie di cinque podcast che esplorano il suo impatto sull'architettura e il design, e la sua eredità: Alice Rawsthorn, critica di design e autrice britannica, dialoga con amici, curatori e architetti internazionali che hanno conosciuto personalmente la "signora dell'architettura italiana" o attraverso il suo lavoro.
Lo spettacolare percorso espositivo è costituito da una serie di disegni originali (a china o a matita su retino) disposti lungo un corridoio, che ricorda la Galleria dei Disegni, progettata da Gae ed inaugurata nel 1994; ma il cuore della mostra sono i 13 ambienti che ricostruiscono, in scala 1:1 e con materiali originali (disegni, fotografie e maquette) conservati nell’archivio milanese dell’architetto, alcuni importanti progetti.
Il primo ambiente (4) accoglie il visitatore all’ingresso: è la ricostruzione di una sala per la Triennale che le permise di ottenere il Gran Premio Internazionale della Triennale nel 1964: la ripetizione delle sagome delle due ragazze in corsa sulla spiaggia, tratte da un dipinto di Picasso del 1922, riflesse dalle pareti specchianti, genera una sensazione di gioia e di energia eccezionali.
Giovanni Agosti, curatore la mostra, definisce Gae Aulenti “un magma di relazioni e rapporti e contatti dentro la finestra mobile del Novecento” e sembra proprio questo il criterio che ha guidato nella costruzione del racconto, della vita e dell’arte, dell’architetto, che ripercorre i moltissimi rapporti che strinse con colleghi, artisti, intellettuali, imprenditori, ecc, in tutti i settori in cui si trovò a operare.
4. Gae Aulenti, L’arrivo al mare, Installazione per la XIII Triennale di Milano, 1964
Fin dall’indomani della laurea al Politecnico di Milano, l’Aulenti inizia a collaborare con la rivista Casabella Continuità, allora diretta da Ernesto Nathan Rogers. Consapevole che avrebbe incontrato soprattutto sulla sua strada soprattutto figure maschili, resta famosa la sua affermazione lapidaria “L’architettura è un mondo da uomini, ma io faccio finta di niente”.
Si fece conoscere con i progetti per la Ditta Olivetti, con la quale collaborò per un ventennio: nel 1967 progetta il negozio di Parigi e poi quello di Buenos Aires nel 1968, in cui presentò la Lampada King Sun (5) che ritroviamo nell’allestimento riproposto nella II sala. Anche qui gli specchi amplificano gli spazi ed intensificano le luci con spirito teatrale.
Alle scenografie per il teatro sono dedicati due ambienti nella mostra: nella sala VI è ricostruito un piccolo ambiente delle Baccanti di Euripide, nato nell’ambito del Laboratorio di Progettazione Teatrale con Luca Ronconi a Prato dal 1976 al ’78: una stanza stretta e lunga con letti e sedie, ricavato nell’ex orfanotrofio Magnolfi, pensato per un pubblico di 24 persone
5. Gae Aulenti, Allestimento del negozio Olivetti di Bueno Aires, 1968
Nella sala X viene riproposta la scenografia per l’Elektra di Strauss (6), l’ultimo dei grandi spettacoli progettati da Gae per la Scala di Milano nel ‘94: la reggia di Micene, dove si consuma la tragedia di Elettra, Oreste e Clitemnestra, è immaginata come una macelleria.
Il rapporto con Luca Ronconi era iniziato già prima di Prato, con Le astuzie femminili di Cimarosa per il Teatro Mediterraneo di Napoli nel 1974 ed era proseguito con Il barbiere di Siviglia di Rossini all’Odéon di Parigi nel 1975, per approdare alla Scala con il Wozzeck di Alban Berg nel 1977
6. Gae Aulenti, Scenografia dell’Elektra di Strauss, 1994
7. Gae Aulenti, allestimento per Valley Curtain di Christo, Rotond della Besana,1973
Un approccio totalizzante, più che teatrale, è anche quello che dimostrò nella Rotonda della Besana, quando Christo e Celant le chiesero di installare un gigantesco sipario arancione nella chiesa di San Michele ai Nuovi Sepolcri (7), già realizzato a Rifle, nel Colorado. Qui viene riproposto nella sala V, dove si può solo immaginare quello spazio labirintico, costruito con pilastri tardobarocchi e controsoffitti di varie altezze che l’architetto aveva pensato.
Sicuramente, uno degli ambienti più spettacolari è quello che ricostruisce il negozio del concessionario delle automobili Fiat a Zurigo del 1973 (8), che intendeva “portare la strada e il movimento del traffico” nello showroom: pareti in acciaio e alluminio, piano inclinato in cui sembrano muoversi le Fiat 128 rally del 1972 e la Fiat 127 del 1971, file di lampade sul soffitto che animano ancora di più lo spazio, è quanto basta per vedere realizzato il desiderio dell’Aulenti
8. Gae Aulenti, Concessionario delle automobili Fiat a Zurigo, 1973
Senza voler dimenticare i numerosi progetti per le case, proprie e di noti personaggi del mondo dell’industria, ben documentate dall’allestimento nella sala IV del salotto della casa di Ennio e Giorgina Brion a San Michele di Pagana del 1973, e molti altri lavori riguardanti il design o interventi urbani (Stazione Cavour della Metropolitana di Napoli, Aereoporto San Francesco di Assisi a Perugia), vorrei segnalare, in conclusione, il disegni riguardanti il progetto più noto dell’architetto, la trasformazione della Gare d’Orsay parigina in Museo conclusa nel 1986, frutto del dialogo con lo storico dell’arte Michel Laclotte. In mostra, nella sala VIII, è ricostruito l’ambiente centrale, con l’alternanza di panche e sculture classiche.Un esempio ulteriore di come l’architetto abbia sempre tenuto aperto il dialogo con gli ambienti preesistenti e con la funzione del luogo progettato. Una conferma delle grandi capacità di questa grande donna dell’arte.
9. Gae Aulenti, Disegno per l’interno del Muséè d’Orsay
A cura di:
GIUSEPPINA BOLZONI, laureata nel 1985 presso l’Università del Sacro Cuore di Milano, dal 1986 insegna Storia dell’Arte al liceo artistico della Fondazione Sacro Cuore di Milano, ove ha contribuito all’elaborazione del progetto sperimentale su base quinquennale.