Arte
Felice Casorati e "la natura durabile del mondo"
di Giuseppina Bolzoni
L’eccezionale mostra dedicata a Felice Casorati (Novara, 1883 – Torino, 1963) al Palazzo Reale di Milano, aperta fino al 29 giugno, ricostruisce l’intera attività dell’artista, attraverso circa cento opere di grande rilievo, che permettono di conoscere a tutto tondo uno dei maggiori protagonisti della scena artistica italiana, a partire dal primo decennio del ‘900 fino agli anni Sessanta. L’esposizione ha il pregio, inoltre, di mettere a fuoco l’attività di Casorati in diversi ambiti dell’arte: oltre alla pittura, si dedicò alla grafica, all'illustrazione, alla scenografa -importanti furono gli allestimenti per il Teatro dell’Opera di Roma e per La Scala di Milano- e ai costumi teatrali.
Ma ciò che sorprende fin dalle prime sale è l’intensa, e forse meno nota, attività pittorica di Casorati negli anni Dieci, mentre si muoveva tra Padova, dove si laureò in Giurisprudenza, Napoli e Verona, città influenzata dalle Secessioni di Monaco e Vienna. Vediamo esposte opere legate al Simbolismo, come Le signorine del 1912 (1), dove si allineano, come in un dipinto del Rinascimento, quattro donne dai nomi emblematici, identificabili, oltre che dai colori delle vesti, anche dai cartigli che compaiono ai loro piedi: da sinistra Dolores, personificazione del lutto, Violante della malinconia e dell’inquietudine esistenziale, Bianca, simbolo della purezza nella sua innocente nudità; chiude la sequenza Gioconda, il cui abito sgargiante e la fede nuziale che porta al dito esprimono una vita compiuta e serena.
1. F. Casorati, Le signorine, 1912, olio su tela, 187,5x 95 cm.,Galleria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, Venezia
Degli stessi anni sono anche Le vecchie, Bambine sul prato e Persone, dipinti che sembrano allegorie delle diverse fasi della vita, ma in cui le figure sono caratterizzate da un acuto realismo, quella “capacità di coniugare senso di familiarità e mistero, consuetudine ed estraneità” (G. Frangi) che Casorati metterà a frutto anche negli anni Venti.
Il trasferimento, nel 1917, a Torino, nella casa-studio di via Mazzini, dove abiterà tutta la vita, segue di poco il suicidio del padre che lascerà nell’artista una ferita profonda; tra il 1919 e 1920 inizierà a realizzare le grandi tempere, dove figure isolate in uno spazio straniante sembrano attendere qualcosa o qualcuno invano, come nella Ragazza con scodella (2): il punto di vista alto comprime ancor di più la figura seduta sullo sgabello in primo piano e fa scivolare lo sguardo verso l’infinita sequenza di stanze dietro di lei.
2. F. Casorati, Ragazza con scodella, 1920, tempera su tela, 114x145 cm.
“Vorrei saper proclamare la dolcezza di fissare sulla tela le anime estatiche e ferme, le cose immobili e mute, gli sguardi lunghi, i pensieri profondi e limpidi… la vita di gioia e non di vertigine, la vita di dolore e non di affanno”, così scriveva Casorati, rivelando alcuni caratteri che saranno costanti nei capolavori più famosi.
Tra questi sicuramente vi è Meriggio (3) presentato alla Biennale di Venezia nel 1924: la sala a lui riservata fu un primo evidente riconoscimento della sua grandezza.
Tre figure, due sdraiate in piena luce e immerse in un sonno tranquillo, la terza seduta di schiena in atto di leggere e in ombra, sono disposte asimmetricamente in una stanza, che potrebbe essere anche lo studio di un pittore, con le tende bianche di un probabile separé. Le forme sono disegnate con precisione ed anche i volumi sono ottenuti mediante una stesura compatta dei colori, caldi nei corpi, freddi e neutri nei teli stesi per terra. Lionello Venturi, nel saggio del catalogo della Biennale così commentava le opere dell’artista: “Casorati ha concentrato nella forma la sua volontà, ch’è di acciaio anche se velata dal desiderio dell’eleganza e della piacevolezza. Ogni quadro recente di lui costruisce una tappa nella conquista della forma. Egli si impone la forma come legge”.
3. F. Casorati, Meriggio, 1923, olio su tela, 118x128 cm., Civico Museo Revoltella, Trieste
Casorati, come molti pittori e scultori italiani che appartenevano o ruotavano intorno al gruppo del Novecento, si stavano orientando verso un rigore costruttivo, con forme pure e solenni, spesso attraversate da un velo di malinconia e di distacco che alludeva all’aspetto enigmatico o drammatico dell’esistenza.
Il manifesto della mostra propone uno dei quadri più poetici dell’artista, Raja (4), in cui compaiono le danzatrici Raja e Bella Markman, protagoniste, con Cesarina Gualino, delle esibizioni di danza libera nel teatrino che l’architetto Alberto Sartoris aveva realizzato nella residenza torinese della famiglia di Riccardo Gualino. L’imprenditore e collezionista divenne un mecenate dell’artista, come anche di Alfredo Casella (del quale è esposto in mostra un ritratto), compositore e pianista, direttore di molti concerti nel teatrino.
La costruzione dell’opera ci mostra le due ragazze ferme e assorte, i cui pensieri sembrano tradursi nella loro stessa posa: verticale quella di Raja, circondata da stoffe dalle fitte pieghe, orizzontale quella di Bella, appoggiata sul lungo sofà, dove sono appoggiati anche dei fogli che sta leggendo. Scrive ancora Casorati: “Mentre è tendenza generale della pittura contemporanea la ricerca dell'espressione attraverso il colore e il segno, io sento invece piuttosto il valore della forma, dei piani, dei volumi ottenuto per mezzo di un colore tonale non realistico e insomma di quella che può dirsi architettura del quadro".
4. Casorati, Raja, 1924-25, tempera su tavola, 120x 100 cm., Collezione privata
Sorprendenti sono anche gli anni Trenta, che vedono un deciso cambiamento stilistico, in direzione “anticlassica”, in cui il rigore disegnativo si allenta a favore di un colore più fluido, spesso dai toni pastello. Tali caratteri sono anticipati da una tavola del 1927 intitolata Annunciazione o dalla singolare tela con Le mele verdi del 1932, quasi un omaggio alle nature morte cezanniane.
Ma una delle opere più interessanti di questo fecondo periodo è Donne in barca del 1933 (5), che presenta in primo piano una donna che allatta il suo bambino, mentre la barca e gli altri suoi “abitati” scivolano silenziosi sul mare. I toni caldi dei colori pastosi rendono in modo efficace l’atmosfera intima del momento.
5. F. Casorati, Donne in barca, 1933, olio su tela, 193x100 cm., Galleria d'Arte moderna Ricci Oddi, Piacenza
Altrettanto sorprendenti, nelle ultime sale, sono i bozzetti (6) per le scenografie di diversi spettacoli curati da Casorati, in particolare per il Teatro alla Scala, di straordinaria modernità
6. F. Casorati, Il principe di legno, 1951, bozzetto di scena, tempera su cartone, Archivio storico artistico, Teatro alla Scala, Milano
La presentazione, qui necessariamente breve, di alcune opere delle numerose stagioni creative di Casorati, che la rassegna milanese offre, dopo più di 30 anni dall’ultima esposizione, è solo un suggerimento per invitare docenti e studenti a conoscere o ad approfondire lo studio di uno straordinario artista. La prima metà del XX secolo è stata completamente attraversata dalle sue opere, che hanno dialogato, di volta in volta, con ambienti, tendenze e committenti diversi, grazie alla duttilità della sua pittura, che pure si è mantenuta fedele ad una “disciplina” formale che rende sempre distinguibile lo stile dell’artista torinese.
A cura di:
GIUSEPPINA BOLZONI, laureata nel 1985 presso l’Università del Sacro Cuore di Milano, dal 1986 insegna Storia dell’Arte al liceo artistico della Fondazione Sacro Cuore di Milano, ove ha contribuito all’elaborazione del progetto sperimentale su base quinquennale.