Da Piero della Francesca ad Anselm Kiefer: la misura eterna e il presente infinito

 

 

Quella che sta per aprirsi, dopo la chiusura delle scuole, è una stagione estiva ricca di proposte, in qualche caso, eccezionali.
Tre sono i suggerimenti di visita che propongo tra Milano e Firenze, che ritengo imperdibili.

Il Polittico agostiniano di Piero della Francesca, di cui si conoscono solo alcune parti, doveva essere una delle opere più belle dell’artista, realizzata per l’altare maggiore della chiesa degli agostiniani a Borgo San Sepolcro (Arezzo), suo paese natio. Quattro grandi pannelli con Santi ed altre tavolette della cornice sono eccezionalmente esposte al Museo Poldi Pezzoli di Milano fino 24 giugno.
Ancora per poche settimane sarà possibile osservare, da soli o con gli allievi, e “lucidarsi gli occhi” davanti alla impeccabile, ma anche viva e concreta pittura di Piero. Vedere i suoi dipinti a distanza ravvicinata è un’esperienza senza paragoni, per chi ama la buona pittura. Le scene “ricamate” sul mantello di S. Agostino (1), riportate con lo spolvero, come se fossero figure di grande formato, sono citazioni di suoi dipinti; la perizia con cui la luce tocca e attraversa l’asta del pastorale di cristallo di rocca possono essere apprezzate a pochi centimetri di distanza e ci fanno sentire, quasi a livello tattile, la loro presenza fisica.

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1. Sant’Agostino, 1454–69, olio su tav. 135.5X66.5 cm., Museu Nacional de Arte Antiga, Lisbon

 

Gli otto pannelli superstiti (la tavola centrale e gran parte della predella non sono state finora rintracciate), si trovano in diversi musei europei (Sant’Agostino al Museu Nacional de Arte Antiga di Lisbona, San Michele Arcangelo alla National Gallery di Londra) e americani (San Giovanni Evangelista, la Crocifissione, Santa Monica e San Leonardo alla Frick Collection di New York, Sant’Apollonia alla National Gallery of Art di Washington, oltre che al Museo Poldi Pezzoli (San Nicola da Tolentino).
L’opera fu smembrata e dispersa entro la fine XVI secolo e solo nel XIX secolo le tavole principali ricomparvero sul mercato antiquariale milanese, mentre nel 1885 fu ritrovato il contratto di committenza che ha permesso di ricomporre idealmente il polittico (2): questa mostra ha realizzato quella che per decenni era solo una aspirazione di molti studiosi: ritrovare quell’unità spaziale di cui Piero era maestro assoluto

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2. Ricostruzione del Polittico agostiniano

Il valore aggiunto di questa piccola esposizione, accompagnata da un interessante e ben documentato video sui più significativi risultati delle indagini diagnostiche multidisciplinari, è proprio la visione d’insieme, che restituisce monumentalità, ma anche senso corale ai Santi, solidi e spiranti una stessa “aria”, entro uno spazio ben misurato, a documentare quella che Roberto Longhi definiva la “misteriosa congiunzione di matematica e di pittura”.

  

Entro il 30 giugno, Milano offre un altro interessante evento artistico: il dialogo ravvicinato tra Paul Cézanne e Auguste Renoir. Capolavori dal Musée de l’Orangerie e dal Musée d’Orsay. A Palazzo Reale sono esposte cinquantadue opere dei due artisti, dalle prime tele degli anni Settanta dell’Ottocento alle prove più mature dei primi del Novecento. La gran parte delle opere fu acquistata dal mercante d’arte Paul Guillaume (1891-1934) e, dopo la sua morte, dalla moglie Domenica (1898-1977), infine è confluita nelle due prestigiose collezioni parigine.
Gli itinerari artistici di Cézanne e Renoir, sviluppati in parallelo alla nascita di una sincera amicizia, sono cresciuti, negli anni Settanta, al Café de la Nouvelle Athènes a Parigi e in occasione delle prime mostre impressioniste cui partecipano insieme, quindi, giunsero a un punto di svolta all’indomani della mostra del 1879, a cui non vollero partecipare. Volevano ritrovare nella composizione ordine e struttura, rinunciando al dominio della “pennellata”.

“[…] Tanti sono i punti di contatto riscontrabili nella produzione dei due maestri. Paesaggi, nature morte, ritratti di familiari, amici, e ancora nudi, come le grandi bagnanti del periodo tardo, hanno rappresentato ambiti di sperimentazione comuni ad entrambi. L’osservazione della natura e del soggetto ha reso la loro arte espressione di una forma di modernità classica”. [dal saggio introduttivo del catalogo della mostra]
Ma non si può certo negare la profonda diversità dei modi pittorici ed anche della stessa concezione dell’arte, che nel 1905 Gustave Geffroy riassunse così: “la natura, vitale e serena in Renoir (3),maestosa e immortale” in Cézanne (4).

 

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3. A. Renoir, Baigneuse assise, 1914                                                                  4. P. Cézanne, Trois baigneuses, 1874-75

 

In mostra, grazie alla scelta di accostare le opere dello stesso genere in sale “a tema”, è più semplice cogliere le differenze stilistiche, ma anche seguire le riflessioni che maturavano negli artisti che, non di rado, si ritrovavano a dipingere ad Aix-en-Provence, da cui Cézanne non si allontanò mai.
Davanti ai ritratti della moglie e del figlio di Cézanne o alle nature morte composte nel suo studio o, ancora di più, ai paesaggi nei dintorni di Aix si può ritrovare quel processo di incessante costruzione delle forme che l’artista espresse, ad esempio, con queste parole: “Per fare progressi non c’è che la natura, l’occhio si educa nel rapporto con lei.”
La leggerezza e l’armonia delle pennellate fluide, entro atmosfere delicate, che Renoir andò realizzando a partire dagli anni ’80, si possono ritrovare, amplificate, in una delle sale delle nature morte, grazie al confronto tra i due vasi, quello blu dalle forme essenziali fino alla geometria di Cézanne (5), quello con fiori dinamici e pastosi su un fondo acceso di Renoir (6), che così amava definire l’operare artistico: “Il nostro mestiere è complicato, e capisco tutte le inquietudini. Tuttavia, un po’ di semplicità, di candore, è necessario.”

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5. P. Cézanne, Le Vase bleu                                                                   6. A. RenoirBouquet de tulipes, 1901

Il Salon d’Automne del 1904 presentò nella sala III alcune opere di Renoir e Cézanne e così avvenne anche nel Salon d’Automne di due anni dopo: «Nell’ampia sala […] un felice allestimento ha fatto sì che a Renoir e a Cézanne fossero tributati gli stessi onori. Sotto gli auspici di questi due illustri contemporanei si presenta quasi tutto ciò che di nuovo circola al Salon d’Automne». [dal saggio introduttivo del catalogo della mostra].
Nel 1907, lo stesso Salon propose la memorabile retrospettiva di Cézanne che segnò un passo decisivo verso l’elaborazione del metodo con cui Picasso stava iniziando ad osservare e rappresentare corpi ed oggetti. Nell’ultima sala della mostraPommes et biscuits (1880) di Cézanne è affiancata ad un dipinto del cubismo sintetico di Picasso, Grande nature morte (1917); sulle pareti di fronte, la “moderna classicità” di Renoir è documentata da Femme nue couchée (1906) e da un monumentale nudo picassiano, Grand nu à la draperie (1921-1923). E’ sorprendente scoprire, alla fine, come percorsi che avrebbero potuto allontanarsi, e addirittura opporsi, ebbero un acuto osservatore, che comprese il valore “costruttivo” dell’arte dei due maestri, che aprirono nuove strade alla modernità novecentesca.

 

Un maestro vivente, totalmente immerso nel “magma” della vita è Anselm Kiefer: a lui, Palazzo Strozzi a Firenze dedica una grande esposizione, preparata da anni, dal titolo Angeli caduti: sono gli angeli cacciati dal Paradiso a seguito della loro ribellione contro Dio. La mostra resterà aperta fino al 21 luglio e può senza dubbio costituire una preziosa occasione di riflessione per docenti ed allievi, come un compito estivo per riappropriarsi del rapporto con il male e il bene, la Storia e la Letteratura, la Filosofia e la Fede, attraversando la materia mutevole, pesante e leggera, piacevole ed inquietante di Kiefer

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7. A. Kiefer, Angeli caduti, 2022, cortile di Palazzo Strozzi, Firenze

Si potrebbe affermare, con Lia Rumma (Introduzione ai Sette Palazzi celesti, dell’Hangar Bicocca di Milano), che Kiefer ha la «[...] straordinaria capacità di combinare assieme i referenti della storia e il magma della materia, l’irruenza del moderno e la persistenza dell’arcaico, immagini di ascesa spirituale e indicazioni di irreprimibili spinte verso la caduta e la distruzione della specie umana. [...] provocano l’intelligenza discorsiva a misurarsi con le verità, non sempre traducibili in discorso, dell’arte visiva».

Arturo Galansino, curatore della mostra fiorentina, considera la lunga e complessa attività di Kiefer “epica” e, muovendoci tra i venticinque lavori storici e di recente produzione ospitati nelle sale del palazzo, lo possiamo veramente constatare: dopo aver visto la monumentale opera che dà il titolo alla mostra, installata nel cortile rinascimentale, in una delle prime sale del piano superiore troviamo Luzifer (8): da una grande superficie su cui si ammassano materiali eterogenei, verso cui precipita l’angelo ribelle, spunta l’ala di un aereo, chiaro riferimento alle tante guerre combattute e che ancora si combattono nel mondo, che da quel rifiuto del Bene che sta all’inizio potrebbero avere origine

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8. A. Kiefer, Luzifer, 2023

Se con le sue prime opere Kiefer ha affrontato la storia del Terzo Reich e si è confrontato con l’identità post-bellica della Germania come mezzo per rompere il silenzio sul passato recente (nell’ultima sala sono esposte opere giovanili con cui l’artista si è fatto conoscere e che furono a lungo dibattute) e per iniziare un riscatto ed una ricostruzione dell’umano, nel corso del tempo la Filosofia è stata una strada maestra per ritrovare la verità e profondità dell’io.

La pittura è filosofia”, sostiene Kiefer, quindi non deve stupirci l’insistenza sui volti dei filosofi pre e post socratici presenti in una grande sala insieme ad una personale rielaborazione della Scuola di Atene (9), dipinta da Raffaello nella Stanza della Segnatura in Vaticano: la materia corrosa e impastata di realtà con cui l’artista presenta la grande composizione non può che rimandare immediatamente, e per contrasto, alla limpida e ordinata pittura raffaellesca, segno di una razionalità profondamente mutata nel presente

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9. A. Kiefer, La scuola di Atene

Anche la natura è stata travolta dalla storia e i grandi girasoli, raccolti in un ambiente dove domina l’oro, sono ormai appassiti o pronti a donare i loro semi per una nuova nascita, come in Sol Invictus (1995) ed Eliogabalo per Antonin Artaud (2023) (10), omaggio all’alchimista e filosofo Robert Fludd

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10. Sala dei girasoli

Per Kiefer, tutto nella realtà si trasforma e la metamorfosi è un tema costante nelle sue opere: al centro della mostra siamo fisicamente coinvolti in Vestrahlte Bilder (Dipinti irradiati) (11), una sala in cui ha raccolto sessanta dipinti e specchi scoloriti da radiazioni: “La distruzione è un mezzo per fare arte ed è per questo che metto i miei dipinti all’aperto, in una vasca di elettrolisi. La scorsa settimana ho esposto una serie di dipinti che per anni sono stati sottoposti a una sorta di radiazione nucleare all’interno di un contanier e adesso sono diventati temporaneamente meravigliosi”.

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11. A. Kiefer, Vestrahlte Bilder (Dipinti irradiati), 1983-2023

In una delle ultime sale compaiono anche delle sculture, come Ave Maria, turris eburnea e Dafne (12), che ancora una volta mettono a confronto temi e figure della fede cristiana con il mito.
Le “personificazioni” simboliche femminili, in ampi abiti bianchi, sono un invito a continuare a leggere dentro la cultura, quella biblica come quella ebraica, quella letteraria e filosofica della Grecia antica come quella contemporanea (Robert Fludd), e dentro la natura (in una tela della sala enormi girasoli nascono dal corpo di un uomo - Hortus philosophorum -, forse dell’artista stesso, attraverso cui la vita e la storia passano), spinti da un infinito interesse per la realtà ed il pensiero dell’uomo

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12. A. Kiefer, Ave Maria, turris eburnea e Dafne, 2017

 

Da poche settimane è uscito al cinema un film documentario, nato dall’incontro tra Wim Wenders e Anselm Kiefer, “capace di evocare, incuriosire ed ispirare, senza però raccontare se non l’indispensabile.
Anselm è un documentario innanzitutto evocativo, come l’arte, quella contemporanea in particolare, e richiede quindi di essere fruito allo stesso modo.” (scheda di presentazione del film di C. Barenghi per Sentieri del cinema).

Vi lascio in buona compagnia e augurando una meritata vacanza e colleghi e studenti.

 

 

Altre segnalazioni per l’estate:

  • De Nittis. Pittore della vita moderna, Palazzo Reale, Milano, fino al 30 giugno
  • Pino Pascali, Fondazione Prada, Milano, fino al 23 settembre
  • Guercino. Il mestiere del pittore, Musei reali, Sala Chiablese, Torino, fino al 28 luglio
  • Preraffaelliti. Rinascimento moderno, Museo civico San Domenico, Forlì, fino al 30 giugno
  • Gli dei ritornano. I bronzi di San Casciano, MANN, Napoli, fino al 30 giugno

 

 

A cura di:

GIUSEPPINA BOLZONI, laureata nel 1985 presso l’Università del Sacro Cuore di Milano, dal 1986 insegna Storia dell’Arte al liceo artistico della Fondazione Sacro Cuore di Milano, ove ha contribuito all’elaborazione del progetto sperimentale su base quinquennale.

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