DOPO VENEZIA

La Biennale di Venezia ha reso noto i risultati dell’afflusso di pubblico e professionisti di questa 81ma edizione della Mostra del Cinema. Tutti i numeri sono in crescita, un’evidenza che chi, come noi, era al Lido non poteva fare a meno di notare: dalle sale sempre col tutto esaurito al ritorno dei grandi nomi americani dello star system. Di fronte al red carpet stazionavano perennemente gruppi di giovani e meno giovani, pronti anche a passar la notte (peraltro rovente come il giorno) pur di essere davanti al momento giusto. Il direttore Alberto Barbera ha insistito su un “ritorno all’erotismo” nei film chiamati a partecipare. A noi non è sembrato che la cosa si differenziasse particolarmente da altre edizioni, con l’aggiunta (o meglio, la mancanza) di titoli di grande impatto, capaci di portare subito la gente al cinema (vedi l’anno scorso con Povere creature). Tra i premiati forse solo il Leone d’oro Almodóvar, che ha un suo seguito (ma certo non da blockbuster), men che meno il pur encomiabile Vermiglio o il troppo lungo e arido The Brutalist.

Vedremo poi gli esiti della presenza della nutrita pattuglia di film italiani, (Gianni Amelio con Campo di battaglia, i già citati Vermiglio di Maura Delpero e Queer di Luca Guadagnino, Iddu su Matteo Messina Denaro di Grassadonia e Pizza, Diva Futura di Giulia Steigerwalt).
Da parte nostra ci sentiamo di consigliare certamente l’ottimo film di Walter Salles, Ainda Esto Aqui (I’m Still Here) sulla tenacia di una famiglia brasiliana di fronte alla scomparsa del padre sequestrato dalla polizia militare, qualche altro bel film italiano come Nonostante e Familia e la creatività di Tim Burton in Beetlejuice Beetlejuice. Il massimo della realtà e il massimo della fantasia, il bello del cinema. E alcune serie tv, come Disclaimer o M – Il figlio del secolo. Stavolta le cose migliori ce le hanno date loro. Alcuni approfondimenti qui di seguito.

 

Vermiglio di Laura Delpero

La vita non facile di una famiglia montanara, durante e dopo la II Guerra mondiale. Molto lavoro, poche parole, tanti sguardi; un padre che è anche il maestro elementare e l’autorità del paese, i figli ognuno coi propri desideri e aspettative. Ma la fine della guerra è l’inizio dei problemi. Il giovane sposo di Lucia, la figlia maggiore, disertore ma accolto in famiglia, deve viaggiare fino al suo villaggio natale in Sicilia per avvisare i suoi, e così Lucia incinta, fiduciosa ma a disagio, lo saluta, avendo ricevuto la promessa che lui avrebbe scritto. Ma giorni e settimane passano senza una lettera e un evento drammatico incombe. Il paragone con L’albero degli zoccoli viene subitaneo, ma in Vermiglio (il nome del paese) è tutto più trattenuto, non c’è quell’empatia che scattava subito coi personaggi dell’opera di Olmi, ma Tommaso Ragno nella parte del padre è veramente notevole, e anche il Leone d’argento della giuria è un riconoscimento meritato.

 

Campo di battaglia di Gianni Amelio, con Alessandro Borghi

Il tema dei soldati della I Guerra Mondiale, spesso condannati alla carneficina dai loro comandanti, non è nuovo per il cinema. Amelio colloca la storia in un ospedale militare, dove un medico compassionevole cerca di evitare che i feriti vengano curati sbrigativamente per essere rimandati al fronte, procurando loro invalidità temporanee o permanenti, così da ottenere un altrimenti impossibile congedo. Borghi è particolarmente appassionato nel mostrare la coraggiosa determinazione del giovane medico, e la ricostruzione dell’ambiente militare rende credibile lo sgomento di giovani provenienti dalle diverse parti d’Italia che non si comprendono neanche tra di loro e fanno fatica a rendersi conto del perché e per chi si stia combattendo. Non il film migliore di Amelio, ma certamente meritevole di una visione.

 

Ainda estou aqui di Walter Salles

Il Brasile degli anni 70 era sotto il tallone di una dittatura militare molto simile a quella argentina. Con la scusa di mantenere l’ordine e di evitare attentati e rapimenti, il governo prelevava e torturava un enorme numero di “sospettati”. A farne le spese anche la famiglia Paiva di Rio de Janeiro. Un giorno degli uomini armati e in borghese bussano a casa Paiva e prelevano il capofamiglia Rubens, ingegnere ed ex parlamentare, perché vada a rendere una “testimonianza”. Il giorno successivo viene prelevata anche la moglie Eunice e la seconda dei cinque figli. La figlia e poi anche la madre vengono rilasciate, ma del padre nessuna traccia.
Il regista Walter Salles, cui si deve quel piccolo capolavoro che era Central do Brasil, ricrea – con questo film premiato col premio alla miglior sceneggiatura – quel periodo contrapponendo a un vero terrore che non risparmiava nessuno, la bellezza e l’armonia di una famiglia guidata da genitori amorevoli e allegri, che non arretrarono mai di fronte alle responsabilità che la loro coscienza indicava.

 

Carlo MazzacuratiUna certa idea di cinema

Son trascorsi ormai dieci anni dalla scomparsa di Carlo Mazzacurati, uno dei registi più originali nel raccontare la provincia italiana, e che ha contribuito a lanciare attori come Roberto Citran o a lanciare come interpreti drammatici quelli che erano solo attori brillanti come Silvio Orlando e Antonio Albanese. Il documentario, diretto da Enzo Monteleone e Mario Canale, è un montaggio di spezzoni di interviste del regista, degli attori che hanno recitato nei suoi film, con interventi anche di Nanni Moretti, che con la sua Sacher produsse Notte italiana e che ricorda con affetto anche le partecipazioni di Mazzacurati in Caro diario e ne Il Caimano. Ne esce un bellissimo ritratto di un uomo radicato nella terra e nella tradizione rurale del Veneto, capace di evidenziarne gli aspetti più belli ma anche le contraddizioni. Un bellissimo documento, che fa venire voglia di rivedere tutti i titoli del grande regista padovano.

 

Da citare inoltre due serie italiane, che vedremo presto in TV: M – Il figlio del secolo (su Sky) tratto dall’omonimo romanzo di Antonio Scurati, con Luca Marinelli nel ruolo di Benito Mussolini nella sua ascesa al potere e Leopardi il poeta dell’infinito (Rai) di Sergio Rubini, con Leonardo Maltese nel ruolo del poeta marchigiano. Di queste parleremo approfonditamente quando saranno disponibili al pubblico.

 

 

 

A cura di:

BEPPE MUSICCO, giornalista cinematografico e critico. Cofondatore e attuale presidente dell’associazione culturale Sentieri del Cinema ( www.sentieridelcinema.it  ). Autore di libri di cinema, consigliere di amministrazione della Fondazione Cineteca di Milano.

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