Film
A COMPLETE UNKNOWN
USA 2025
Regia di James Mangold
con Timothée Chalamet, Monica Barbaro, Elle Fanning, Edward Norton, Scoot McNairy
A Complete Unknown di James Mangold, è essenzialmente il racconto dell’arrivo di Bob Dylan (Timothée Chalamet) a New York dal Midwest e della sua rapida ascesa alla celebrità come interprete della musica folk nei primi anni 60. Il film sembra accodarsi all’accettazione del mistero che ancor’oggi aleggia su questo artista iconoclasta. In una scena emblematica sul primo appuntamento con la sua ragazza Sylvie (Elle Fanning, che interpreta la vera Suze Rotolo, immortalata sulla copertina dell’LP “The Freewheelin’ Bob Dylan”), la coppia vede il film Perdutamente tua, che lei interpreta come la storia di una donna che supera il suo passato per scoprire il suo vero sé; Dylan non è d’accordo, affermando che la protagonista di Bette Davis costruisce semplicemente un’identità diversa, separata dalla sua storia. L’identità successiva non è “migliore”, insiste, ma “diversa”. A Complete Unknown si attiene alla classica formula del film biografico, ripercorrendo rapidamente i momenti più importanti della vita di Dylan, dall’autostop a New York nel 1961 per incontrare in ospedale il suo idolo Woody Guthrie (Scoot McNairy), fino all’incidente motociclistico del 1966 che avrebbe innescato un importante cambiamento stilistico, da icona folk a inimitabile “trovatore”.
Mentre anche i meno addentro hanno conoscenza della personalità schiva e sarcastica del Dylan di metà anni 60, Chalamet interpreta in modo intrigante il musicista con la timidezza e il nervosismo che mascherano un certo indiscutibile senso di superiorità. Quando inizia una relazione con Joan Baez (Monica Barbaro), Dylan liquida il suo lavoro come “carino”, paragonando i suoi testi fioriti alle riproduzioni d’arte nelle sale d’attesa dei dentisti. E visto attraverso gli occhi di Dylan, Pete Seeger (Edward Norton) è poco più di un benefattore ben intenzionato ma abbastanza stancante, il cui idealismo suona come ingenuo persino all’artista di due decenni più giovane. A volte, il flirt di Dylan con la musica di protesta è descritto come poco più di un calcolo cinico da parte sua, qualcosa che padroneggia meno per convinzione e più per farsi un nome, prima di stufarsi e prendere altre strade. Questa “tensione” che spinge Dylan nell’ambiente della musica folk del Village rende molto forte la prima metà del film, ma evidenzia come questo accada a spese dei suoi pari. Quando la Baez aggiunge rapidamente canzoni come “Blowin’ in the Wind” al suo repertorio, sembra meno un riconoscimento della musica folk come una tradizione viva e più un’ammissione al giudizio di Dylan sul fatto che lei cavalchi il suo successo (quando in realtà la carriera di Dylan deve molto al sostegno di Joan Baez). Allo stesso modo, Pete Seeger, una vera icona della musica americana e un uomo disposto a rischiare la sua libertà per difendere i diritti civili, a momenti viene raffigurato come un maturo paternalista disposto a soffocare la creatività di Dylan ben prima che le pressioni della celebrità ispirassero il cantante a rivedere il suo stile. Nella seconda metà Mangold decide di insistere pesantemente sulla deriva antisociale di Dylan, mentre l’uomo attacca gli amici e inimica i fan, ma il film tratta il passaggio del cantante al rock come un gesto di sfida piuttosto che come una progressione naturale per un ragazzo che un tempo sognava di suonare il rock’n’roll. Con l’etichetta datagli dai media come “voce di una generazione” è arrivato anche un preoccupante livello di adulazione: è difficile pensare a un seguito più tossico di quello di Dylan negli anni ’60, con i fan che prima lo esaltavano e poi si misero a fischiarlo e a paragonarlo a Giuda perché aveva cambiato direzione musicale, rovistando nella sua spazzatura e inventando teorie assurde sulla politica e sull’uso di droghe.
La cosa che rimane è sicuramente l’interpretazione degli attori: Chalamet e la Barbaro che suonano e cantano insieme sono veramente encomiabili per l’impressionante qualità della recitazione e del canto. Di uno dei musicisti più esaminati di tutti i tempi, che ha sempre cercato di evitare le luci della fama (non dimentichiamo che non andò nemmeno a ritirare il Nobel), resteranno sempre le sue canzoni più belle.
Beppe Musicco
www.sentieridelcinema.it
A cura di:
BEPPE MUSICCO, giornalista cinematografico e critico. Cofondatore e attuale presidente dell’associazione culturale Sentieri del Cinema ( www.sentieridelcinema.it ). Autore di libri di cinema, consigliere di amministrazione della Fondazione Cineteca di Milano.