Letteratura
L'ARTE DI ANDARE IN PEZZI
Autore: Paul Acampora
Editore: EDT-Giralangolo, 2024, € 14,00
Pagine: 208
Target: da 12 anni
“L’arte di andare in pezzi” è una bella storia ambientata ai giorni nostri, che ha come protagonisti tre ragazzi della scuola media di West Beacon, una piccola cittadina nei pressi dei Monti Appalachi in Pennsylvania.
I protagonisti
Il più grande dei tre è Oscar, quattordici anni, genitori di origini messicane, frequenta il primo anno di liceo e, grazie ai 180 cm di altezza e ai quasi 100 kg ben allenati, è la colonna portante della squadra di football dell’istituto. Superfluo dire che, anche solo per le sue doti sportive, è conosciuto e ammirato da tutti gli studenti, i docenti e la preside.
Noah ha tredici anni, è un tipo mingherlino e dall’abbigliamento poco ricercato, elementi che lo rendono, al contrario di Oscar, insignificante alla vista degli altri studenti. Si iscrive alla terza media per la prima volta in quanto ha un passato di homeschooling (la nostra scuola parentale), fatto che gli ha permesso di apprendere e approfondire argomenti in misura decisamente superiore a quella fornita dalla scuola del paese. Aver sempre la risposta pronta durante le lezioni, però, è un altro aspetto che contribuisce a fargli contare quasi zero simpatie nella classe.
Anche Riley ha tredici anni, ha sempre vissuto a Philadelphia e si è iscritta alla West Beacon a metà settembre. L’improvviso trasferimento è dovuto a una rapina a mano armata subita dalla madre mentre era alla cassa della tavola calda dove lavorava, rapina alla quale assiste, impietrita, la stessa ragazza. Riley accetta controvoglia la vita di provincia, anche se qui trova accoglienza e sostegno da parte di padre Pete, suo zio materno e parroco della chiesa cattolica, che le ha aiutate a trovare una casa e un lavoro alla madre.
La storia
“È stato tutto così facile nelle due settimane prima che mia sorella morisse. Il suo ultimo giorno no, è stato brutto. Ma di quello non voglio parlare. Abbiamo riso tanto nei giorni prima della fine” [Oscar]
L’incipit è un pugno allo stomaco, toglie il fiato e suscita rabbia e tristezza, però ha il pregio di arrivare diretto al lettore e di dire subito di che tipo di storia si tratta. Un po' una sfida a partecipare di colpo alle vicende (belle toste) dei vari personaggi.
I primi cinque brevi capitoli raccontano il pregresso, cosa è accaduto nella vita di Oscar, Noah e Riley che li ha fatti “andare in pezzi”, il sesto, invece, entra in presa diretta e descrive il loro primo incontro nell’aula di Arte del prof. Martin. I restanti capitoli narrano della loro amicizia, di come viene messa alla prova, come cresce e come arriverà a coinvolgere anche le loro famiglie.
Il romanzo prende le mosse dal dramma di Oscar, il quale racconta della morte di Carmen, l’amata sorellina di dodici anni deceduta per un tumore che non le ha dato scampo. Il dolore è devastante, niente lo può consolare, neanche il ricordo degli ultimi dialoghi nella camera d’ospedale nei quali gli aveva confidato di sentirsi serena e preparata: “Appena arrivo in paradiso vado subito da Dio a parlargli [di alcune questioni]”. Nemmeno la prospettiva di tornare a calcare i campi da football, sui quali raccoglie successi ed è acclamato, lo smuove dalla disperata apatia che lo ha fatto rinchiudere in casa. Lo “convincerà” la madre il lunedì successivo al funerale e dopo 13 giorni di assenza da scuola, minacciandolo con una spatola da cucina! E proprio quel lunedì si rivelerà provvidenziale perché in segreteria, dove passa per l’autorizzazione al rientro, conoscerà Noah al suo primo giorno di scuola, lo accompagnerà nell’aula di modellazione dell’argilla ed entrambi si siederanno al banco con la nuova compagna Riley.
I tre si presentano e in pochi minuti vengono a conoscenza delle situazioni di sofferenza l’uno dell’altro: Oscar per il recente lutto, Noah alle prese con la pesante separazione dei genitori, con madre depressa e padre andato via da casa, e Riley che, invece, non ha mai conosciuto suo padre. Il dolore incontrato a quel banco genera in loro un profondo coinvolgimento emotivo, l’inizio di una condivisione che solo tra ragazzi di quell’età avviene in modo spontaneo e totale. È il primo tassello di un’amicizia inattesa.
La struttura e lo stile narrativo
Il romanzo è suddiviso in trenta brevi capitoli che hanno come titolo il nome di uno dei protagonisti. Ciò permette di avere un narratore interno, di volta in volta, diverso, in grado di esporre i fatti a partire dalla propria situazione e sensibilità. Il racconto delle singole circostanze, svolto per una parte da un protagonista, poi proseguito da un altro e concluso da un altro ancora, dà vita a una narrazione corale convincente e coinvolgente. Lo svolgimento temporale dei quarantacinque giorni della storia è abbastanza lineare, fatta eccezione per alcune situazioni alle quali è dato maggiore spazio per documentare gli snodi decisivi della storia, le azioni/reazioni dei vari personaggi e il loro assestamento psicologico e interiore.
Lo stile narrativo è caratterizzato da periodi brevi, dialoghi molto vicini al parlato quotidiano, descrizioni di cose, persone e luoghi ridotte allo stretto necessario, riflessioni e introspezioni psicologiche tratteggiate con parole precise ed efficaci. Un altro elemento molto interessante sono i finali di capitolo, che risultano essere ricercati e ben costruiti: attraverso una puntualizzazione o una iniziale riflessione, favoriscono sia una comprensione più precisa delle pagine in questione, sia attesa e curiosità per ciò che accadrà nel capitolo successivo.
Le tematiche
Il grande tema che domina nelle vicende di Oscar, Noah e Riley è l’amicizia. Tutti gli altri aspetti - il fallimento, il dolore, la morte, la solitudine, la religiosità, l’incomunicabilità con gli adulti, la fatica del crescere, il gusto per lo sport e per l’arte – sono elementi che fanno parte dell’esistenza umana e con i quali l’autore accetta di fare i conti.
L’amicizia, però, è in grado di attraversarli tutti, uno per uno, di condividere la sfida che essi rappresentano e di aiutare a cogliere la loro utilità. Nel corso della narrazione viene fatto un affondo molto interessante in merito all’origine dell’amicizia e alla sua natura profonda: [Oscar, che potrebbe sedersi con chiunque in mensa perché ha un sacco di amici] “Non c’entro niente con gli altri… Adesso faccio parte del Club degli Arrabbiati, quelli a cui è morta una sorella e ce l’hanno con il mondo intero.”; [Noah] “Non è un bel Club.”; [Riley] “Ti servono degli amici!”; [Oscar] “Ecco perché mi sono seduto qui.”. Più avanti però, come a evitare che l’amicizia sia ridotta a sostegno psicologico o intervento da crocerossina, l’autore approfondisce: [Noah] “Forse siamo tutti e tre a pezzi.”; [Oscar] “Già. Per questo siamo diventati amici.”; [Noah] “No. Non è quello il motivo.”; [Riley] “Ah no? Allora perché siamo diventati amici?”; [Noah] Non so da dove mi arrivi la risposta, ma so, senza ombra di dubbio, che è quella giusta: “Perché ci siamo proprio trovati”. Acampora non arriva a scrivere la parola “dono”, però lascia intendere che l’amicizia, quando accade, è inaspettata, un regalo, un bene che va oltre le capacità di chi la offre, è reciproca e può solo essere accettata.
Riguardo alle altre tematiche, innanzitutto va fatto un plauso al coraggio dell’autore di aver raccontato della vita reale, senza nascondere quegli aspetti - quali il dolore, la morte, la solitudine, il fallimento - che al giorno d’oggi sono considerati tabù. Rispetto al dolore e la morte, inoltre, attraverso la presenza di padre Pete (che va a trovare Oscar e i suoi genitori almeno una volta alla settimana, che celebra la messa in memoria di Carmen, che la domenica invita i tre ragazzi a far colazione da lui, che si adopera per recuperare Oscar quando tocca il fondo) l’autore osa parlare della religiosità, un tema assente nel 90% dei libri per adolescenti. Nel romanzo c’è anche un altro adulto educatore, si tratta del prof. Martin che segue i ragazzi nel laboratorio di modellazione dell’argilla: è molto vicino ad essi, li guarda con profonda simpatia, li sostiene nel loro mettersi alla prova, desidera comunicare i segreti e la bellezza dell’arte, da lui presentata come una grande metafora della vita.
“L’arte di andare in pezzi” parla dei fallimenti della vita, e lo fa con realismo e con l’audacia di dire la verità, che la vita è fatta di situazioni che si “rompono”. Ci sono assetti e rapporti che all’improvviso cambiano, che non dipendono solo da noi né tantomeno da chi è nell’età dell’adolescenza. Ma proprio la circostanza che butta all’aria l’ordine delle cose, è concreta possibilità di cambiamento e crescita, di scoperta dell’altro e di nuova consapevolezza di sé. È in questo modo che la vita fa emergere le cose essenziali, quelle che permettono di ri-costruire e ri-trovare gusto per ciò che si ha davanti. L’ideale non è che tutto fili liscio, ma che, anche dentro al male o alla contraddizione, si possa scoprire l’opportunità positiva che continuamente ci è data.
Da ultimo un consiglio: al termine della lettura sarebbe interessante proporre ai ragazzi di aggiungere un sottotitolo, se non addirittura ideare un nuovo titolo. Potrebbero emergere delle belle sorprese.
A cura di:
SERGIO FANNI. Laureato all’Università degli Studi di Milano, ha insegnato Lettere nella secondaria di I grado di Santo Stefano Ticino (MI) dal 1983 al 2005 e, successivamente, nell’Istituto “San Girolamo Emiliani” dei P.P. Somaschi di Corbetta (MI). Dal settembre 2020 è felicemente in pensione e prosegue il suo impegno educativo/didattico come volontario presso l’istituto di Corbetta.