Musica
Rapper o cantautore? Due casi nel nostro presente
Due artisti che dialogano e giudicano il tempo in cui viviamo con le loro canzoni. Due esempi fra tanti da cui partire.
Sono usciti a un mese scarso di distanza Ranch di Salmo e Mediterraneo di Bresh. E sento già alcuni che si staranno chiedendo: e chi sono? Duplice nota bene iniziale, allora, che scrivo innanzitutto a me stesso. Da una parte credo profondamente che se si vuole non dico capire, ma almeno intuire cosa accada nella musica (leggera) del nostro presente, si debba almeno cercare di capire cosa si muove, quali sono gli attori principali, su cosa occorre orientarsi per intercettare i gusti giovanili e ragionarci sopra. Dall’altra la scena è talmente veloce da rendere questo lavoro molto difficile, con l’iperproduzione di singoli a manetta che rende impossibile seguire anche la minima parte di quello che esce e che peraltro si consuma rapidissimamente.
E allora partiamo da questi due. ATTENZIONE: testi delle canzoni che cito linkati al TITOLO di ciascuna canzone.
Salmo, all’anagrafe Maurizio Pisciottu, sardo di Olbia, rapper in attività dal 1997, quando aveva 13 anni e scrive le sue prima rime. Fatti due conti oggi di anni ne ha quindi 41, più o meno come Marra e Cremonini. 28 ne ha invece Bresh, pseudonimo di Andrea Emanuele Brasi, originario di Lavagna e cresciuto a Bogliasco, provincia di Genova, stessa terra e stesso trasferimento a Milano di Rkomi e Tedua. Ma lui è tornato nella sua terra, in una specie di ping pong fra la città e la provincia che, racconta in una lunga ed interessante intervista a Rolling Stone, pensa che non finirà mai, in una specie di gioco di curiosità incrociate. Intervista lunga, ma da leggere se si vuole capire lo stato attuale dell’artista; come pure, per inquadrare Salmo e la sua fase attuale, reputo molto interessante quest'altra intervista che racconta del nuovo album e di alcuni interessanti fatti e retroscena.
Che cosa accomuna questi due artisti? Senz’altro le loro radici, seppur diverse: la loro terra e il mare senz’altro fanno parte della loro cultura. Poi rappresentano due espressioni della sfaccettata scena rap, più hardcore sia nelle rime che nelle basi quello di Salmo, che spesso si avvicina anche alle chitarre elettriche e all’hard rock; partito da trap e drill quello di Bresh, ma approdato ad un sound ricco anche di chitarre acustiche e di percussioni, specialmente in quest’ultimo lavoro. Potremmo dire, entrambi più cantautorali, oggi.
Bene, senza poter entrare nel dettaglio di tutti i brani, facciamo però un passaggio a volo radente sugli album già citati all’inizio. Tenete presente che entrambi presentano molti più temi e stimoli di quelli che sottolineerò; per entrare davvero nel loro mondo e nella loro visione poetica occorre un ascolto attento ed integrale, per me necessari anche i testi sott’occhio. È il lavoro che, se vorrete, spetta a voi.
Isolato e senza social nella sua Gallura Salmo scrive e realizza i pezzi dell’album (anche per questo il titolo Ranch) e poi vola 4 giorni in Ungheria per girare i video di tutti e 16 i pezzi, vero e proprio mini-film ad episodi tutti visionabili in una PLAYLIST SU VEVO, altra maniera per vedere il personaggio in azione, oltre che nel tour mondiale che partirà da Milano il 6 settembre prossimo venturo. Le canzoni sono tutte dirette, sincere, nello stile del rapper, a partire dall’intro ON FIRE (a tratti una specie di preghiera, in cui però Maria è “piena di rabbia”) per proseguire con la storia autobiografica di CRUDELE, che parte dal bisnonno – con annesse storie di sangue - per arrivare al suo oggi (“la vita è così semplice, ma per chi la racconta è crudele). N€UROLOGIA contiene una frase sulla sua rinuncia ad un talent televisivo (“quel che è fatto e fatto (…) ho rinunciato a fare il giudice di Xfactor/ho rinunciato per un milione di euro”). Insomma dice le cose come stanno Salmo, a volte (spesso) risultando anche scomodo, talvolta esplicito e volgare, forse insolente, ma è il suo stile. Non a caso il brano successivo si chiama SINCERO: l’apertura affidata ad una chitarra acustica recita subito “dico quello che penso per riempire il silenzio/e qualunque sia il prezzo io lo pagherei”. Più canzone che rap questa, forse una delle più rappresentative del disco (sorry, album), diventa un rock dritto, specie di manifesto umano e poetico dell’artista, per esplodere nel ritornello (un filo vaschiano) “faccio come mi pare / faccio come mi va”. Menzioniamo nel pezzo seguente (BYE BYE) l’ospitata di KAOS, rapper storico e writer della prima onda del rap in Italia e motivo della scelta di Salmo ragazzino di seguire quella strada e con lo stesso piglio aggressivo (un paio di barre di KAOS, giusto per identificare il tipo: “pazienza ormai ho accettato questo ruolo/bloccato alla partenza mi hanno cancellato il volo/ma ho continuato ho scavato nel sottosuolo/e ho trovato/la speranza è ormai un cadavere sotto il lenzuolo”). Sempre in questo brano è contenuta la frase forse più riuscita di tutte: “Io sono l'ultimo rimasto/Gli altri sono campioni di vuoto sincronizzato e di salto con l'astio”, pennellata sul qualunquismo cattivo della maggior parte degli esseri umani.
In questo album c’è veramente tanta roba, lascio a voi il lavoro di scoprire le altre. In ogni caso, tutte le canzoni meritano un ascolto, anche annotandosi dei punti e dei passaggi significativi, che sono tanti. Io menziono solo CARTINE CORTE, in cui nel titolo si allude alla brevità della vita, pur da vivere intensamente, come in parte del testo (“La vita è una cartina corta/Che brucia in fretta tra le dita, puoi girarla solamente una volta (…) La vita è una cartina corta/So da dove vengo, ma non so dove mi porta”.
E infine sentiamo cosa dice lo stesso artista sul brano che chiude il lavoro, prima dell’outro, TITOLI DI CODA (corredato fra l’altro da un dialogo finale con se stesso, potremmo dire un auto-dissing). La penultima si intitola MAURI:” È un brano diviso in due. Nella prima strofa interpreto un amico che parla per me, come se gli avessero chiesto “Ma Mauri che fine ha fatto? Dov’è finito?” e lui risponde che probabilmente il tipo è uscito di testa e che ora vive in collina. Nella seconda strofa poi sono io che rispondo che non sono impazzito, semplicemente vivo da solo, mi faccio i cazzi miei e ho trovato il balance. Il succo del discorso di Mauri è questo: ora sono in pace, sto bene. Infatti è la chiusura del disco, che ne racchiude tutto il significato”.
Un po’ più in breve, Bresh. Il lavoro dell’ascolto dell’album in dettaglio lo lascio a voi, è comunque necessario. 16 tracce anche le sue, come quelle di Salmo, a partire dalla prima canzone (e dichiarazione d’intenti) ROTTA MAGGIORE (PARTENZA): (“Se guardo indietro vedo la mia strada/Da quando sono scappato di casa/Vedo un racconto da mettere via/Ma c’è la penna sulla scrivania/E canto una vita spericolata/L’aria di Genova non è cambiata/Riguardo una vecchia fotografia/Com’è cambiata la mia compagnia”). Presente nella tracklist anche la canzone già portata a Sanremo, LA TANA DEL GRANCHIO ed una canzone in lingua genovese, AIA CHE TIA. Oltre ai due successoni del recente passato, GUASTO D’AMORE, diventata inno del Genoa Calcio, e ALTAMENTE MIA, premiata con un riconoscimento al premio Lunezia.
C’è qualche featuring in più rispetto all’unica ospitata di Salmo, a partire dall’amico Tedua nel brano CAPO HORN, una sorta di dichiarazione di viaggio e comune appartenenza alla ‘gente di mare’. Poi Kid Yugi in ALTEZZA CIELO, una specie di dialogo con una entità superiore (“non necessariamente Dio”, dice nella citata intervista) che guarda le nostre vicissitudini terrene e i nostri errori, nonostante sappia già il finale, ma non interviene. Interessante punto di vista, che però non tiene conto che quello che c’è in gioco è la propria libertà: se Dio o chi per lui intervenisse, non ci sarebbe più! In fondo, una riflessione sul tempo che passa, singolare che a farla sia un ragazzo di 28 anni con l’ospitata di uno di 24…
Sempre andando per featuring, in ERICA c’è ospite Sayf mentre in IL LIMITE (a mio giudizio una delle più interessanti del lavoro) c’è Achille Lauro, a cui viene dato il privilegio di iniziare il brano. E lui lo inizia citando e variando se stesso nella cover de IL CIELO E’ SEMPRE PIU’ BLU di Rino Gaetano, con delle tipologie ad elenco: “Chi vive da star, chi muore per caso/Chi vive da solo e chi si tiene per mano/Chi sogna i milioni, chi vive per strada/Chi siede sul trono, chi non ha avuto casa/Chi cerca l’amore, chi non l’ha mai trovato”.
Ad una domanda dell’intervistatore, che gli fa notare che è riuscito a portare Lauro nella sua canzone, come a breshizzarlo più che farsi fagocitare dalla personalità forte dell’altro artista, Bresh risponde così, credo valga la pena copiare anche qui la citazione: Se ci sono riuscito mi fa piacere, ma devo ammettere che ho sempre ascoltato tanto Achille Lauro, sia in passato che adesso, e quindi in un certo senso è stato un’ispirazione. Ha una poesia street molto riconoscibile, non usa vocaboli banali, non tratta argomenti triti e ritriti. È molto graffiante e crudo, ma nello stesso tempo poetico. In più, come me, anche lui ama la melodia e i ritornelli. Ci siamo trovati umanamente prima ancora che artisticamente. Abbiamo trovato un bel punto d’incontro in quel brano: io l’ho iniziato cantando con la chitarra e lui ha aggiunto il ritornello. È un po’ la mela che cade dall’albero di cui parlavamo prima. Eravamo lì e l’abbiamo raccolta insieme.
È un album completamente inserito nella generazione stessa dell’artista e che al tempo stesso la disegna, o almeno ne dà qualche tratto. Ci sono le domande e le incertezze di questo tempo, o meglio dei giovani di questo tempo, qualunque cosa si intenda per questa gioventù ormai allungatasi sull’età adulta. In una video intervista reperibile su YouTube Bresh dice che il suo è un album che insegna a galleggiare, fra il positivo e il negativo, fra le domande e qualche risposta, fra il ‘fare schifo’ e il trovare qualcosa che vale. E parla anche del mare, che fa da sfondo e al tempo stesso è protagonista: la malinconia del mare d’inverno e l’allegria dell’estate.
Sono due voci diverse che a mio avviso vale la pena tenere presenti, indagare un po’ per comprendere il tempo in cui siamo, fatto sempre meno di canzoni che restano e sempre più di brani fatti uscire alla velocità della luce, che giocoforza si mangiano il brano precedente. In questo caso – con sfumature diverse – due artisti sinceri, che raccontano il mondo, attraverso la propria maniera di guardarlo. Buon lavoro!
Walter Muto
A cura di:
WALTER MUTO, laureato in Lettere e con i più vari studi musicali alle spalle, decide di dedicarsi prima con grande passione e poi come lavoro alla musica, in particolare a quella leggera. La sua occupazione è fare musica, parlarne e scriverne a 360 gradi. Oltre ad aver scritto diversi libri e curare una rubrica per il mensile Tracce, collabora da 35 anni agli spettacoli musicali per ragazzi della Sala Fontana di Milano, produce spettacoli insieme a Carlo Pastori e negli ultimi anni si dedica a progetti musicali per il sociale,
con una attività al Carcere di San Vittore ed una in due residenze per disabili psichici.
Più info su www.waltermuto.it