Musica
LIBERAMI DAL NULLA: UN ARTISTA, I SUOI FANTASMI E LA LOTTA DELLA VITA
Nelle sale il biopic dedicato a Bruce Springsteen. Ne parliamo, fornendo alcune chiavi per un possibile lavoro.
Viviamo in un tempo in cui le cose cambiano velocemente – forse troppo, dicono alcuni – e fra i cambiamenti repentini, per chi ha fatto e fa della musica la sua professione, sono praticamente scomparsi i proventi che in passato derivavano dalla vendita dei dischi (sì, insomma quei cosi tondi, neri e grandi, poi diventati più piccoli e digitali e poi più niente o quasi). Così, oltre all’attività LIVE dei concerti, si stanno moltiplicando le produzioni di film dedicati a questo o quell’artista, i cosiddetti biopic.
In questo flusso si inserisce Liberami dal nulla, il lungometraggio dedicato a Bruce Springsteen. Il film però non tratta di tutta la carriera del Boss (sarebbe stato difficile, fra l’altro, essendo ancora vivo, oltre che molto, molto impegnativo). Ma nemmeno tratta di qualche anno, come il recente film dedicato a Bob Dylan. Qui il periodo in cui si svolgono le vicende narrate è di qualche mese, quei mesi alla fine dell’osannato tour di The River, in cui il cantautore si ritrova stanco, con un po’ di paura per il livello di popolarità raggiunto, desideroso di fare altro rispetto a quello che gli viene chiesto e in più, con un fastidioso compagno di cammino: una sorta di depressione. In tutto questo si instaura il rapporto non risolto con il padre, che torna ad intervalli più o meno regolari ad affacciarsi. Ma cerchiamo di andare con un pochino di ordine e senza troppi spoiler.
1981: alla fine della tournée che lo consacra come astro emergente del rock, Springsteen decide di isolarsi, prende una casa fra i boschi del New Jersey e dopo aver letto un po’ di libri, fra cui i racconti di Flannery ‘O Connor, decide che è il momento di dedicarsi a qualcosa di più intimo e comincia a scrivere. Non racconto ovviamente tutto il film, ma questa sua esigenza fa a pugni con quella dell’industria discografica, che vorrebbe battere il ferro finché è caldo. L’artista, pur registrando con la band alcune canzoni (che riprenderà in seguito) ed essendoci fra quelle niente meno che Born in the U.S.A. - che anche da sola avrebbe spaccato tutto - non riesce a fare altro e si dedica alla scrittura delle canzoni che comporranno l’album Nebraska, il quale album effettivamente poi uscirà a settembre del 1982.
Questa, piuttosto in breve, la storia narrata nel film, di cui vorrei provare ora a dettagliare alcuni temi, che possono diventare anche spunti di lavoro.
Lo star system e gli artisti
Una delle dinamiche indagate è quella dell’artista che sta emergendo prepotentemente e a cui la casa discografica chiede di proseguire sulla strada segnata, ma lui vuole fare altro, per meglio dire, ha bisogno di fare altro. Questo è realmente quello che accade in quel frangente a Springsteen che, grazie anche al rapporto con il suo manager Jon Landau, capace di capire la situazione, la spunta nei confronti di chi lo vorrebbe spremere. In questo modo riesce, lavorando sodo e in perfetta solitudine, a dare voce a storie profonde ed anche scomode da raccontare.
I protagonisti sono i perdenti
La canzone con cui si aprirà l’album Nebraska racconta niente meno che la storia del pluriomicida Charles Starkweather. Alla maniera di Flannery ‘O Connor, si va al fondo del dramma umano per provare a trovare una possibilità di redenzione. Ma spesso la vita è dura, e quella possibilità sfuma, come in Atlantic City o nel protagonista di Johnny 99, così soprannominato per gli anni di prigione che avrebbe dovuto scontare. Insomma, storie di perdenti e della loro difficoltà di trovare riscatto.
Rispetto a questo punto, potrebbe essere svolta una ricerca su altre canzoni o altri passi letterari che narrano degli stessi temi: sconfitta, vita ai limiti, possibilità di riscattarsi.
Il rapporto con il padre
Il film usa in abbondanza la tecnica del flashback in bianco e nero per raccontare il travagliato rapporto di Bruce con suo padre, al quale, pur alcolizzato e violento, la madre è sempre stata vicina. No spoiler, quindi su questo mi fermo qui; scoprirete come andrà a finire vedendo il film. Aggiungo solo che questa dinamica di rapporto ovviamente emerge in alcune delle canzoni, come Mansion on the Hill e My Father’s House, che chiude l’album. Anche qui potrebbe risultare interessante, una volta visto il film, approfondire quanto una dinamica di rapporto simile sia presente ancora oggi, nelle esperienze personali, nella letteratura, in altre canzoni.
La depressione
Springsteen in quel periodo si trova a fare i conti con una insoddisfazione di fondo ed anche con il timore che quello di cui faceva parte stesse diventando troppo grande da gestire. Questo produce in lui un grave malessere, che solo dopo un po’ di tempo troverà il modo di guardare. Qui si potrebbe innestare la considerazione dell’importanza di farsi aiutare, qualora si dovesse incappare in qualcosa del genere.
La musica
Infine c’è un aspetto fondamentale che, forse per deformazione professionale, è fra quelli che mi ha interessato di più: la scelta di scrivere e registrare le canzoni in completa solitudine, in una atmosfera volutamente intima, coadiuvato solo da un amico che fungeva da tecnico del suono. Nella villetta di Colts Neck in cui si ritira Springsteen porta con sé un paio di chitarre, un mandolino e il glockenspiel, oltre ad un nuovissimo registratore con cui si possono incidere fino a 4 tracce. Quello, oltre alla sua voce, è il materiale con cui registrerà Nebraska, insistendo poi per trasferirlo su disco esattamente così.
E qui suggerisco io una serie di interessanti paralleli con esperienze simili, due antecedenti e due successive. Non sono gli unici casi in cui un artista ha registrato un album in completa solitudine, ma il riportarli potrebbe favorire un lavoro di confronto e studio. Molti bluesmen registrarono i loro brani solo chitarra e voce o pianoforte e voce, ma quello che scelgo a rappresentarli è Robert Johnson con i brani – 41 registrati in una manciata di giorni – finiti poi nei suoi Complete Recordings e rimasti gli unici mai registrati dall’artista, morto l’anno dopo dell’ultima registrazione. Si tenga a mente che fra quelle canzoni c’è anche Sweet Home Chicago, nella sua versione spoglia ed originale. Altro album da citare è Pink Moon del cantautore inglese Nick Drake, 1972, su cui mi dilungherei volentieri, ma non posso.. Invece successivi a Nebraska ci sono il primo, importantissimo album di Bon Iver, For Emma, Forever Ago (2007) ed in Italia Una somma di piccole cose di Niccolò Fabi (2016).
Con quest’ultimo punto trattato sono uscito un po’ dal seminato del film, ma credo possa essere un buono spunto di lavoro nel caso si vogliano approfondire esperienze simili a quella narrata nel film, vissute però da altri artisti. Una singolare coincidenza è che tutti hanno come strumento principale di accompagnamento la chitarra acustica.
Concludendo, il film è la storia, localizzata in un tempo breve, di un artista che fa i conti con delle esigenze profonde e con dei passi, dei sussulti, delle problematiche, altrettanto profonde. E ricerca, si rivolge a storie anche drammatiche, non semplici da raccontare, come per tentare di uscirne lui stesso, attraversandole. In questo assai simile alla maniera narrativa di Flannery ‘O Connor. Nelle vicende narrate nelle canzoni c’è molta vita, passata e presente. Per noi che guardiamo il film, ci si immerge in un tempo – senza dubbio lontano – in cui si fumava nei bar, esistevano appena i computer, si viveva ad un altro ritmo. Ma pur cambiando le contingenze, il cuore dell’uomo e le sue esigenze sono le stesse, oggi come allora, e la visione di questo film ci può far fare un viaggio intenso e profondo.
Walter Muto
A cura di:
WALTER MUTO, laureato in Lettere e con i più vari studi musicali alle spalle, decide di dedicarsi prima con grande passione e poi come lavoro alla musica, in particolare a quella leggera. La sua occupazione è fare musica, parlarne e scriverne a 360 gradi. Oltre ad aver scritto diversi libri e curare una rubrica per il mensile Tracce, collabora da 35 anni agli spettacoli musicali per ragazzi della Sala Fontana di Milano, produce spettacoli insieme a Carlo Pastori e negli ultimi anni si dedica a progetti musicali per il sociale,
con una attività al Carcere di San Vittore ed una in due residenze per disabili psichici.
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